domenica 28 febbraio 2010

Paranoia da sciacallaggio: E' il turno del Cile

In Cile è successo un macello: un terremoto centinaia di volte più forte di quello dell'Aquila. E, come sempre, l'attenzione dei media è tutta per i saccheggiatori. Repubblica vi dedica addirittura una gallery fotografica: si vedono persone con l'aria sconvolta, soprattutto donne, che fuggono stringendo borsine piene (spesso) di generi di prima necessità inseguite dalla polizia.

Io la mia su questo genere di "sciacallaggio" l'ho già detta quì. Prima di indignarvi troppo, se vi va, provate a darci un'occhiata.

sabato 27 febbraio 2010

Chi sta prendendo a picconate la credibilità della magistratura?

Chi sta prendendo a picconate la fiducia nella magistratura? Ne vale la pena? Quali le conseguenze?

Pochi giorni fa Silvio Berlusconi, riferendosi a giudici e pm italiani, ha affermato che "siamo nelle mani di una banda di talebani". Il copione è arcinoto: qualche pm inquisisce Silvio Berlusconi, ed una parte dell'opinione pubblica, intellettuale e politica di "opposizione" italiana riprende con vigore ad attaccare il premier nella speranza che, in un modo o nell'altro, possa un giorno cadere. Berlusconi quindi reagisce, descrivendo una situazione di odio e di persecuzione e dipingendo la giustizia italiana come un covo di eversivi, fannulloni, manipolatori della legge, e una quota consistente di italiani comuni fa sua questa visione.

Poi il Popolo Viola torna a casa, i giornali trovano altro di cui parlare, Berlusconi ne esce in qualche modo "pulito", i giudici archiviano il fascicolo con un nulla di fatto, con una prescrizione. Tutto come prima? Sarà per la prossima volta? No. Questo teatrino si lascia alle spalle un fardello grave: la delegittimazione reale, duratura, agitata, della magistratura e della giustizia di fronte ad una quota crescente degli italiani. Si lascia alle spalle una situazione in cui la magistratura è, per troppi italiani, un organo capriccioso e l'innocenza o la colpevolezza sono un'opinione.

Cari leaders. La Corea del Nord è vicina?

Il Foreign Policy online se ne è uscito, in questi giorni, con una piccola gallery fotografica dedicata a una decina di manifesti propagandistici e celebrativi che ritraggono i leader della Corea del Nord moderna, Kim il Sung e Kim Jong Il, in pose epiche o, al contrario, paterne.

L'immaginario di riferimento, qualcosa a metà tra il romanticismo ottocentesco e il realismo socialista novecentesco, appere come estremamente familiare. Sembra ironico, oltre che significativo, il fatto che quello che è considerato e in parte si considera il regime forse più chiuso nel mondo, completamente impermeabile al mondo esterno, costruisca la propria propaganda scimmiottando l'arte europea otto e novecentesca. E sembra ironico, oltre che significativo, il fatto che questa propaganda si differenzi dalla propaganda dei leader ("populisti") europei contemporanei più per elementi stilistici che per i messaggi sostanziali veicolati.

giovedì 25 febbraio 2010

«Il Colosseo? Se non lo visiti lo portiamo via». Valorizzare i beni culturali secondo l'ex manager di McDonald's

«Il Colosseo? Se non lo visiti lo portiamo via». Parola della "Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale", branca del "Ministero per i beni culturali" affidata da Bondi all'ex manager di McDonald's Italia Mario Resca.

La campagna pubblicitaria, ospitata su giganteschi maxi schermi collocati in luoghi strategici come, a Milano, piazza Duomo, nasce per contrastare il generico "calo di visitatori" cui sarebbero affette le istituzioni culturali italiane. «Riscoprili», intimano i manifesti. In altre parole, ricomprateli, paga il biglietto, perchè noi dobbiamo "valorizzare" queste quattro pietre e così, ad occupare un terreno in centro per quei quattro coreani che le consumano di flash, ci paiono proprio un capitale morto. Altrimenti, "noi" li rivenderemo al miglior offerente. Una motivazione convincente. Ma aspettate un attimo... «lo portiamo via»: chi lo porta via?

Chi e perchè è il titolare del patrimonio culturale italiano?

martedì 23 febbraio 2010

Giovanni Sartori colpisce ancora. Omogeneità e differenza come categorie della percezione

Giovanni Sartori, teorico della destra xenofoba europea, politologo, opinion leader ed editorialista del Corriere della Sera, è ricaduto in uno dei suoi peccati senili più gravi: lo sproloquio xenofobo. Come segnalato da Marco, il noto commentatore ha utilizzato infatti il pulpito offertogli per l'ennesima volta dal Corriere della Sera per l'ormai collaudato mix di chiacchiere da bar e citazioni pseudo-colte a sostegno delle solite tesi xenofobe e razziste sull'impossibilità di creare con i migranti alcuna pacifica convivenza (come se questo fosse uno sfizio ideologico, e non una necessità storica ineluttabile).

Il nuovo editoriale, Multiculturalismo e cattivo vicinato, vuole sostenere che il "modello americano", cioè nel linguaggio di Sartori (linguaggio approssimativo: di fatto il modello americano è quello del melting pot, crogiolo o insalatiera, evidentemente non multiculturale in senso classico bensì tendenzialmente assimilazionista - nell'insalatiera gli ingredienti si mescolano) il modello che mira all'integrazione nel sistema socio-politico dei migranti in una società multiculturale, è fallimentare e inadatto. Secondo Sartori il "multiculturalismo" produce solo, soprattutto in un contesto come il nostro, conflitti e tensioni crescenti. E siccome la presenza di migranti non può che produrre, secondo Sartori, comunità separate, l'ingresso di migranti, di nuovi "vicini di casa" tanto diversi che vanno ad inserirsi in comunità e culture "omogenee", non può portare alcuna integrazione bensì al conflitto. Il riferimento al "vicinato" richiama esplicitamente ai fatti di via Padova, che in realtà non c'entra nulla col resto del discorso.

Secondo Sartori, l'impossibilità di organizzare una pacifica convivenza è per l'appunto ancora più vera in Europa, terra (sempre secondo il nostro) che è abituata ad ospitare gruppi culturalmente omogenei e che quindi non è abituata a confrontarsi con genti diverse. Siccome la differenza genererebbe "naturalmente" tensioni, e siccome l'Europa non sarebbe abituata a confrontarsi con la differenza, Sartori afferma quindi che la pacifica coesistenza multiculturale non è applicabile al contesto europeo. (Una posizione coerente con quel "hanno il diritto a vivere come vogliono, ma a casa loro", che sintetizza quello che Taguieff chiama razzismo differenzialista, la nuova frontiera (senza approdo) del razzismo europeo, di derivazione francese). Naturalmente Sartori non offre possibili soluzioni. Se non, implicitamente e come già affermato esplicitamente in passato, il contrasto ai migranti e a tutti coloro che sostengono la praticabilità di una loro integrazione.

lunedì 22 febbraio 2010

Mamma li turchi! L'invasione halal fa breccia nei fast food francesi

Da anni assistiamo, perplessi, alle fantasie farneticanti di chi denuncia un'Europa invasa, colonizzata, piegata all'islam. Da anni ci sentiamo dire, prima dalla vecchia malata (quella che metteva il naso fuori dal suo loft a NY solo per insultare in maniera sconnessa i tassisti ispanici) e poi dai suoi seguaci, che "i Mussulmani" prenderanno il sopravvento fino a imporci le loro abitudini, privando le "nostre donne" della libertà e ripiombando l'Europa nel Medio Evo. Il tutto mentre la cultura pop all'occidentale colonizza il mondo, e mentre migranti e seconde generazioni si inseriscono a meraviglia, molto più dei conservatori paranoici, nella (tremenda) cultura popolare mainstream contemporanea. 

Gli occidentalisti, tuttavia, non mollano. Ed è così che Il Giornale se ne esce segnalando uno "scandalo", che ci fa capire la consistenza delle paranoie sulla conquista islamica: la storia del fast food franco-belga che ha sostituito la carne degli hamburger, udite udite, con un prodotto identico, solo macellato secondo il rituale islamico.

domenica 21 febbraio 2010

Malinconia, l'altra faccia dell'America Latina


Dici Sud America e pensi alle gloriose rivoluzioni, al bolivarismo, agli autoritarismi, alle lotte contadine, ai campesinos che lottano contro le multinazionali della frutta. Dici Sud America e pensi alla povertà, ai bambini che frugano nelle discariche, alle periferie sterminate con i ragazzini col moccio al naso, ai "poveri" indios che hanno bisogno di tutto. Dici Sud America e pensi al Carnevale di Rio, al ballo, ai cocktail sulla spiaggia, alle ragazze mulatte, alle vecchie Cadillac del periodo neocoloniale.

sabato 20 febbraio 2010

Attenuanti religiose e padri padroni. Hina, sei stata taggata

Hina Saleem è stata taggata. Alla base dell'omicidio della giovane bresciana di origine pachistana, secondo la definitiva sentenza della Cassazione, «un patologico e distorto rapporto di possesso parentale»: non «ragioni o consuetudini religiose o culturali», bensì la rabbia di un padre-padrone. Senza differenze di razza o di religione.

L'omicidio di Hina è stato così, finalmente, inserito nella giusta cornice: quella di un femminicidio. E la colpa non è stata fatta ricadere su culture o religioni strane bensì, implicitamente, su uno stato incapace di proteggere i soggetti deboli dalla follia di un padre padrone. Il primo elemento fondamentale è proprio questo: lo stato avrebbe dovuto proteggere con tutte le sue forze la libera scelta di Hina. L'integralismo, così come le altre forme di imposizione violenta, non si combatte con le leggi, con le manifestazioni, con i proclami, ma con iniziative concrete di aiuto a coloro che vengono perseguitati per una loro scelta individuale. Qualcosa, nel caso di Hina come nel caso di tante ragazze italiane, non ha funzionato.

La sentenza ha permesso inoltre di svelare una sfaccettatura allucinante del nostro codice penale. Perchè a tifare per le «ragioni culturali e religiose» non c'erano solo gli ultras dello scontro di civiltà, i sostenitori della non integrabilità dell'islamico, ma anche gli stessi avvocati del padre padrone che contavano in un paradossale sconto di pena per motivazioni religiose.

venerdì 19 febbraio 2010

Ogni scarrafone è magro a mamma sua. Percezioni distorte e obesità infantile

«A mia nonna non è mai importato se avessi rubato, spacciato o [se fossi] affiliato a qualche associazione a delinquere...l'unica preoccupazione era: "Hai mangiato?». A questa saggia nota su Facebook fa eco una ricerca olandese, pubblicata su Acta Pediatrica, che ha rilevato come i genitori tendano a vedere i loro figli come mediamente più magri di quelli che essi in realtà sono. Arrivando ad ignorare quelle avvisaglie di obesità che, se non affrontate per tempo, sono destinate a condizionare la "costituzione fisica" e quindi i futuri problemi, di salute ma anche "sociali", connessi al sovrappeso grave.
La ricerca, fatta tra oltre 800 genitori olandesi, richiedeva ai genitori di indicare quale tra le sagome proposte corrispondesse meglio alla struttura fisica del figlio (di 4 o 5 anni). Secondo i ricercatori, tutti i genitori di bambini normopeso hanno indicato la sagoma più magra, sottostimando anche non di poco la struttura dei figli. Coerentemente, i genitori di bambini sovrappeso hanno ugualmente sottostimato la stazza dei propri figli: il 75% dei genitori di sovrappeso ha infatti indicato sagome di bambini normopeso. Tra i genitori di obesi, il 50% non ha riconosciuto il problema del figlio vedendolo, secondo gli studiosi, «come se fosse di almeno tre taglie più magro».

mercoledì 17 febbraio 2010

"Funzionamento" degli antidepressivi. Una "bugia buona"?

Che gli psicofarmaci utilizzati per la cura della depressione avessero pressapoco la stessa efficacia del "placebo" (cioè di una pillola inerte somministrata nei test ad alcuni ignari pazienti al posto dell'antidepressivo per verificare quali effetti siano dovuti al farmaco in sè e quali alla semplice suggestione) lo si sapeva da tempo.

Ora, però, la conferma arriva da un'analisi dei test presentati dalle stesse case farmaceutiche all'ente americano che regola l'immissione di farmaci sul mercato (FDA): degli effetti benefici dovuti alla somministrazione dei più comuni antidepressivi, più dell'85% è dovuto alla semplice auto-suggestione, cioè alla convinzione di prendere qualcosa "che ci farà stare meglio", mentre l'efficacia del principio attivo del farmaco si ferma al 15% dei miglioramenti riconducibili ai casi più gravi (1).

Gli psicofarmaci fanno in qualche modo "stare meglio": secondo i dati, sette pazienti trattati su 10 reagiscono alle terapia in maniera giudicata "positiva" (2). Allo stesso tempo, però, almeno 6 pazienti su 10 reagiscono ugualmente "bene" anche se trattati con una caramella qualsiasi che essi credono essere antidepressivo. Si "sentono meglio" perchè il farmaco modifica la loro percezione, e forse perchè attiva qualche molla "inconscia" che porta l'organismo ad affrontare i sintomi in maniera migliore.

In tutti i casi, ad essere reali, scientifiche, sperimentate, sono quindi solo le controindicazioni, gravi fino al certificato aumento di pensieri suicidi, e le spese miliardarie che cittadini, "depressi" e stati sostengono per mantenere in vita questa "bugia buona".

martedì 16 febbraio 2010

Via Padova: Se anche il PDL cade in mano alla piazza xenofoba

A due giorni dall'accoltellamento del giovane panettiere egiziano, viale Padova è stata percorsa da un corteo organizzato dalla destra del PdL. Il corteo, zeppo di politici PdL (dal coordinatore provinciale fratello del ministro La Russa fino a Daniela Santanchè) e protetto da un fitto cordone di polizia, ha fatto un breve raid in viale Padova, giusto il tempo per un minuto di silenzio e per cantare l'Inno di Mameli, prima di voltare i tacchi tornando verso piazzale Loreto. Secondo le cronache, si sarebbe anche sfiorata la rissa: da una parte il corteo politico, dall'altra parte i residenti (italiani e stranieri) che forse non hanno gradito l'ennesima passerella di chi governa la città ed il paese da più di un decennio. Dal corteo è stata addirittura lanciata una fiaccola, che ha costretto le forze dell'ordine a intervenire separando i facinorosi.

domenica 14 febbraio 2010

Il Comitato per l'islam italiano, o di come affrontare l'Italia multietnica in maniera sbagliata

Si è costituito, al Viminale, il "Comitato per l'Islam italiano", un tavolo di lavoro nominato dal Ministero degli Interni composto da "esperti" che dovrà fornire «idee e proposte» e, soprattutto, legittimazione, alle scelte del governo in tema di integrazione della "minoranza musulmana": «moschee, formazione degli imam, matrimoni misti, burqa etc».

Sulla composizione e sul clima che tirerà nel comitato (zeppo di anti-musulmani militanti e di "musulmani moderati da salotto"), si sono già espressi Lorenzo Declich e Miguel Martinez. Io vorrei invece concentrarmi sulle ragioni per le quali il Comitato, al di là della composizione, è concettualmente sbagliato, inefficace, superficiale.

L'idea alla base di questo Comitato è infatti emblematica di come l'Italia affronta, in maniera sbagliata, le questioni poste dall'immigrazione: Ottica emergenziale e repressiva, riduzione della tematica inclusione al conflitto "cristianesimo-islam", nessun interesse per la rappresentatività.

venerdì 12 febbraio 2010

I panni sporchi si lavano in casa? Così gli italiani tollerano la violenza domestica sui minori

Save the Children ha reso noto, negli scorsi giorni, un rapporto sull'utilizzo delle punizioni corporali in ambito domestico. I dati mostrano, tra l'altro, come un genitore su 4 afferma di utilizzare schiaffi o sculaccioni come metodo correttivo, come oltre il 50% affermi di utilizzare in casi giudicati estremi punizioni corporali e come ben l'81% dei genitori di bambini piccoli si dica disponibile a tollerare, dinanzi a un errore «eccessivamente grave da parte dei figli», l'utilizzo di una forma di punizione violenta, in particolare di uno schiaffo, da parte dell'altro genitore*.

Interrogati riguardo alla possibilità di introdurre una legge che vieti l'utilizzo delle punizioni corporali in ambito domestico, sulla scorta di quanto fatto da altri 15 stati UE, i genitori italiani hanno così risposto: per il 13% una legge di questo tipo sarebbe fondamentale, per il 26% potrebbe essere utile ma comunque non prioritaria, per il 39% sarebbe poco utile e aperta ad applicazioni ambigue. Il 22%, infine, non ne sente per nulla la necessità.
 
In sostanza, 1 genitore su 3 sarebbe favorevole ad uno stop per legge alla violenza domestica sui minori, pur giudicando in molti casi provvedimenti simili "non prioritari", mentre 2 genitori su 3 si dicono scettici, se non apertamente contrari, di fronte a questa "forma di ingerenza" da parte dello stato

giovedì 11 febbraio 2010

Falce, Martello e Tacco a Spillo. La donna oggetto per il bene del partito?

Qualche tempo fa, l'Unità se ne uscì con una campagna pubblicitaria, a cura di Oliviero Toscani, che suscitò non poche perplessità. Consisteva, nel dettaglio, in una zoommata sul lato B di una giovane donna, minigonna di jeans e maglietta rossa, nella tasca posteriore una copia dell'Unità.

La campagna fu, almeno a livello di visibilità, un successo: se ne parlò, e non poco, soddisfacendo in qualche senso l'idea un pò rudimentale per la quale "l'importante è che se ne parli". Ben più discutibili e variegati, però, i messaggi veicolati. Un giornale e soprattutto una cultura al passo con i tempi, in grado di dialogare con la società contemporanea in maniera libera e scanzonata? O al contrario un giornale e una cultura che insegue sul terreno della mercificazione della donna e del marketing a sfondo sessuale la superficialità e il velinismo che un tempo ambiva a contrastare?

mercoledì 10 febbraio 2010

Overdose da Tantum Rosa e Teoria della Scelta Razionale

Il Tantum Rosa (bustine) non si mangia, nè si usa come colluttorio: si scioglie in acqua, e si utilizza per lavande vaginali. Eppure, i centri intossicazioni italiani segnalano che almeno 50 donne al mese, dall'inizio della nuova campagna pubblicitaria, bevono il preparato andando incontro a vomito, nausea, paresi del cavo orale, vertigini ed allucinazioni.

Colpa della leggerezza con i quali farmaci e parafarmaci vengono pubblicizzati, e della superficialità con la quale sono stati collocati negli scaffali dei supermercati: il farmaco, e soprattutto il parafarmaco, non è infatti un prodotto da acquistare e somministrare con cura, facendo attenzione alle controindicazioni e alla reale necessità, bensì un prodotto commerciale come un altro da assumere, distrattamente, al primo sintomo di malessere fisico.

sabato 6 febbraio 2010

I bambini ci guardano

"Italiani, per esempio", è il titolo del libro di un maestro elementare di Reggio Emilia in uscita per Feltrinelli nei prossimi giorni. Raccoglie, tra l'altro, una "antologia" di frasi e di pensieri di bambini immigrati raccolti dal maestro, Giuseppe Caliceti, negli ultimi 20 anni. Credo che, proprio per l'assenza di mediazione (se non nella selezione), possa offrire un contributo interessante per comprendere chi saranno agli italiani del futuro e quali saranno i problemi reali.

Ho scelto, su consiglio di uno stimato filosofo metropolitano, una decina di frasi significative; non proprio una top ten, ma una sintesi a mio parere significativa e non - troppo - banale. Molte altre frasi sono leggibili quì.

venerdì 5 febbraio 2010

L'Unità d'Italia e la "regata Garibaldi" (da Genova a Trapani)

La mattina dell'11 maggio 1860, Garibaldi sbarcò con un migliaio di avventurieri, rivoluzionari, intellettuali, facinorosi e giovinastri a Marsala, dando il via alla risalita che sconfiggerà i Borboni e fonderà l'Unità d'Italia. E mentre il paese si interroga sul "se", sul "come" e sul "perchè" festeggiare questo evento lontano, alieno, forse poco interessante e pure controverso, tra i notabili siciliani di provincia è guerra aperta: colpa della grande regata velistica commemorativa, la "Garibaldi Cup", che approderà non a Marsala bensì nel vicino porto di Trapani.

Apriti cielo!

mercoledì 3 febbraio 2010

Da "X-Factor" a "Best Dance Crew". Il Conservatorismo del Talent Show all'Italiana

In Italia, ormai da anni, spopolano i "talent" show, reality in cui giovani talenti si affrontano nel canto o nel ballo in una vera e propria competizione. Di fronte al proliferare di questo genere di prodotto, che risponde evidentemente nel formato a bisogni e interessi diffusi, la domanda da porsi è una sola: quali valori e quali dinamiche esprimono e trasmettono questi "talent", così come configurati, ai milioni di telespettatori? Ed in secondo luogo: si potrebbe fare di meglio?

Il talent show italiano, dietro la patina giovanilistica, è profondamente "conservatore": poco creativo, autoritario, sterile, maggiormente orientato alla tecnica che all'espressività e all'arte. E la colpa non è del formato, nè della vocazione commerciale: vi sono esempi di successo, ad esempio in America, che dimostrano come un talent commerciale possa avere anche una funzione creativa, propositiva, innovatrice, quasi "sociale", a patto di avere un minimo coraggio anticonformista.