lunedì 29 agosto 2011

Teoria del resoconto di viaggio

E’ presuntuoso e pericoloso credere che i viaggi ci possano permettere di conoscere e comprendere veramente storie, persone e situazioni.

Per prima cosa, i luoghi che attraversiamo viaggiando sono spesso troppo complessi e troppo ingarbugliati per poter essere letti senza errori. In secondo luogo, il viaggiatore parte per l’esplorazione con un bagaglio pregresso di pre-giudizi, di conoscenze, di compagnie e di letture che orienteranno il suo sguardo una volta sul posto. Allo stesso tempo, lo sguardo del viaggiatore si trova una volta sul posto inevitabilmente abbagliato da troppe cose: non ultima, la ricerca di sé stesso e della risposta alle proprie domande ed esigenze parziali e particolari. Infine, gli stessi luoghi e le stesse persone che fanno da sfondo al viaggio tendono a mettersi di fronte al turista come “in posa”, allestendo a suo uso e consumo alcuni aspetti e lasciandone pudicamente oscuri altri. 

Ciò nonostante, colui che viaggia con gli occhi e con il cuore aperto ha l’opportunità di lasciarsi impregnare di sensazioni, di impressioni, di emozioni e di aneddoti, che si sedimentano fino a creare un punto di vista, un’interpretazione, una prospettiva che può contribuire – insieme alle altre – a comporre un’immagine più veritiera di quel mondo; un’immagine che può avere un qualche valore anche agli occhi del semplice lettore. Inoltre, colui che viaggia trasforma l’altrove altrimenti inconsistente ed astratto in qualcosa di vivo: popoli e storie, informazioni ed emozioni, entrano a far parte della biografia del viaggiatore e questo spazio popolato e reso concreto diventa un luogo di famiglia, spingendo il viaggiatore a ravvivare – una volta tornato alla vita “normale” – la conoscenza e la relazione con quell’altrove ora un po’ più reale.

La convinzione di aver capito e compreso porterà il viaggiatore che racconta ad ingannare il lettore (e sé stesso) rafforzando pregiudizi e semplificando in maniera avventata le cose. Al contrario, la consapevolezza di aver sviluppato una propria parziale visione delle cose aiuterà chi racconta ad alimentare il desiderio di capire ma anche la consapevolezza della complessità e della gravità delle cose e delle parole.

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