A Zagabria ho potuto visitare uno dei luoghi più particolari in cui mi è capitato di trovarmi: il Museo delle Relazioni Interrotte (Museum of Broken Relationship). Il Museo delle Relazioni Interrotte (ne ha parlato anche il Guardian) nasce dal bisogno di riconoscere e raccontare un momento traumatico ed universale, che continua tuttavia ad essere trattato come un tabù nella società contemporanea: il momento della fine di una relazione affettiva. "Our societies oblige us with our marriages, funerals, and even graduation farewells, but deny us any formal recognition of the demise of a relationship, despite its strong emotional effect" hanno scritto gli autori: il museo nasce per riaffermare l'esistenza e la triste importanza di questo stato di passaggio ancora orfano di un rituale adeguato (e anche per questo, forse, ancora più tragico).
La fine delle storie d'amore è raccontata dagli stessi protagonisti (per i quali il museo vuole avere una funzione catartica) attraverso un oggetto significativo, solitamente un dono fatto da un innamorato all'altro al culmine della storia d'amore, cui il donatore associa un breve brano che sintetizza la storia ed il valore di quell'oggetto nell'ambito della relazione d'amore ormai conclusa (ed elaborata). Nella maggioranza dei casi, alla nostalgia ed al dolore sembra sostituirsi l'accettazione, la relativizzazione e un maturo (e ironico) disincanto: il museo delle relazioni interrotte racconta la lacerazione ma anche e soprattutto il superamento di questo vuoto, o almeno l'imparare a convivere con la nostalgia. Al visitatore rimane una sensazione di precarietà e fragilità, ma anche una nuova percezione dell'abbandono come momento tragico ma anche comune, degno di cittadinanza, probabilmente anche rimarginabile.
All'ingresso di questo strano museo, che più che il linguaggio dell'arte sembra parlare il linguaggio dell'antropologia, un pannello riassume il significato del progetto. Il testo è il seguente:
The Museum of Broken Relationships grew from a traveling exhibition revolving around the concept of failed relationships and their ruins. Unlike ‘destructive’ self-help instructions for recovery from failed loves, the Museum offers a chance to overcome an emotional collapse through creation: by contributing to the Museum's collection.
Whatever the motivation for donating personal belongings – be it sheer exhibitionism, therapeutic relief, or simple curiosity – people embraced the idea of exhibiting their love legacy as a sort of a ritual, a solemn ceremony. Our societies oblige us with our marriages, funerals, and even graduation farewells, but deny us any formal recognition of the demise of a relationship, despite its strong emotional effect. In the words of Roland Barthes in A Lover's Discourse: "Every passion, ultimately, has its spectator... (there is) no amorous oblation without a final theater."
Conceptualized in Croatia by Olinka Vištica and Dražen Grubišić, the Museum has since toured internationally, amassing an amazing collection. Although often colored by personal experience, local culture and history, the exhibits presented here form universal patterns offering us to discover them and feel the comfort they can bring. Hopefully they can also inspire our personal search for deeper insights and strengthen our belief in something more meaningful than random suffering.
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