La mattina dell'11 maggio 1860, Garibaldi sbarcò con un migliaio di avventurieri, rivoluzionari, intellettuali, facinorosi e giovinastri a Marsala, dando il via alla risalita che sconfiggerà i Borboni e fonderà l'Unità d'Italia. E mentre il paese si interroga sul "se", sul "come" e sul "perchè" festeggiare questo evento lontano, alieno, forse poco interessante e pure controverso, tra i notabili siciliani di provincia è guerra aperta: colpa della grande regata velistica commemorativa, la "Garibaldi Cup", che approderà non a Marsala bensì nel vicino porto di Trapani.
Apriti cielo!
Tutto nasce quando la Provincia di Trapani, in vista dei 150 anni dallo sbarco, affida ad una società britannica i lavori per la creazione di una regata internazionale per velieri, dalla dubbia funzione commemorativa e promozionale, chiamata "Garibaldi Tall Ship Regatta 2010", budget 400.000 euro. I problemi però sorgono quando viene reso noto il tragitto: da Genova a Trapani, e non a Marsala. Uno smacco che i notabili di Marsala (a 30 chilometri e in provincia di Trapani) non possono evidentemente tollerare. «E' storicamente provato che la spedizione dei Mille, capitanata da Giuseppe Garibaldi, partì da Quarto con meta Marsala, luogo dell’effettivo sbarco. [Approdare a Trapani] sarebbe una riscrittura fantasiosa della storia risorgimentale e un affronto particolarmente efferato nei confronti della città di Marsala che nel 1860 accolse l’eroe dei Due Mondi», denunciano con tono professorale alcuni consiglieri provinciali.
Giusto ieri, a Radio1, ho ascoltato con gusto una telefonata proveniente da un medico di Marsala che ha riproposto la questione annunciando la costituzione di un comitato di protesta contro il revisionismo della giunta trapanese (ottenendo la solidarietà di ospiti e conduttore).
Anche se, per accontentare Marsala, la giunta di Trapani sembra avere offerto come parziale "risarcimento" il passaggio della regata al largo di Trapani, una regata più piccola e forse qualche finanziamento dall'alto per il completamento del monumeto a Garibaldi, un esempio memorabile di spreco all'italiana, tutto ciò non è evidentemente bastato ai bravi notabili siciliani amanti della "storia" in quanto insieme di particolari e dettagli pedanti (la battaglia di Tizio, la locanda in cui dormì Caio, la casa in cui visse Sempronio) che non hanno nulla da insegnare, nemmeno a strizzarle all'infinito, ma che fanno sentire le élite fallite di provincia al centro del mondo entusiasmandole e inorgogliendole come null'altro.
Che dire?
Già paradossale il fatto che i "festeggiamenti" per l'inizio dell'Unità d'Italia non facciano che rinfocolare le vecchie rivalità fra campanili: «Tutto cambia affinché tutto rimanga come prima» scrisse Filippo Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, e questa ne è l'ennesima conferma.
Ma non solo: fa ancora più pensare il fatto che l'oggetto del contendere non sia, che ne so, "il senso dell'Unità d'Italia a 150 anni di distanza" o "cosa significa essere italiani", bensì un fatto banalmente pedante, irrilevante, esteriore e contingente, come il luogo materiale dello sbarco.
Insieme, naturalmente, ai finanziamenti che ci stanno dietro.
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