Chi sta prendendo a picconate la fiducia nella magistratura? Ne vale la pena? Quali le conseguenze?
Pochi giorni fa Silvio Berlusconi, riferendosi a giudici e pm italiani, ha affermato che "siamo nelle mani di una banda di talebani". Il copione è arcinoto: qualche pm inquisisce Silvio Berlusconi, ed una parte dell'opinione pubblica, intellettuale e politica di "opposizione" italiana riprende con vigore ad attaccare il premier nella speranza che, in un modo o nell'altro, possa un giorno cadere. Berlusconi quindi reagisce, descrivendo una situazione di odio e di persecuzione e dipingendo la giustizia italiana come un covo di eversivi, fannulloni, manipolatori della legge, e una quota consistente di italiani comuni fa sua questa visione.
Poi il Popolo Viola torna a casa, i giornali trovano altro di cui parlare, Berlusconi ne esce in qualche modo "pulito", i giudici archiviano il fascicolo con un nulla di fatto, con una prescrizione. Tutto come prima? Sarà per la prossima volta? No. Questo teatrino si lascia alle spalle un fardello grave: la delegittimazione reale, duratura, agitata, della magistratura e della giustizia di fronte ad una quota crescente degli italiani. Si lascia alle spalle una situazione in cui la magistratura è, per troppi italiani, un organo capriccioso e l'innocenza o la colpevolezza sono un'opinione.
Esiste una quota consistente se non maggioritaria degli italiani che, anche e soprattutto grazie a queste vicende, non ha più fiducia nella magistratura. Ad ogni prescrizione questa porzione di italiani cresce, si gonfia, acquisisce argomenti e consapevolezza. Non esistono colpevoli e innocenti: esistono i perseguitati, e i "cocchi dei magistrati".
Craxi fu un perseguitato: è innocente, e va riabilitato. Cossentino è un perseguitato, una vittima: nessuno, nel PdL (cioè in più del 50% del paese), storce più la bocca di fronte ad un coordinatore regionale forse colluso con la camorra. L'imprenditore e l'amministratore pubblico o privato indagato o condannato suscitano simpatia, empatia, solidarietà: se un tempo i "colletti bianchi" potevano essere scoraggiati dal commettere reati dal timore di vedere compromessa, con una condanna, la propria "onorabilità", oggi l'essere inquisiti è un dettaglio che "fa gruppo", che conferisce identità e appartenenza, che colloca dalla parte dei "buoni".
E la cosa ricade, a cascata, a tutti i livelli. Chi viene multato non ha infranto una regola: sarà un perseguitato, una vittima di qualche amministrazione comunale che vuole "fare cassa". E, al rovescio, il piccolo delinquente messo agli arresti domiciliari e il clandestino che non viene rispedito nel paese dove rischia persecuzioni, non ottengono il rispetto dei diritti umani fondamentali: vengono privilegiati da una giustizia corrotta e politicamente schierata.
La fiducia è uno dei beni più difficili da accumulare. E nella speranza, vana, di colpire Berlusconi o di modificare la sua immagine rendendolo agli occhi dell'opinione pubblica un criminale (il criminale che, per inciso, probabilmente è), giornali, intellettuali, manifestanti viola e opposizione stanno dando i colpi di grazia alla credibilità della giustizia italiana, alla credibilità che essa ha di fronte a una quota consistente degli italiani.
Non è soltanto vero che gli attacchi rafforzano Berlusconi e distolgono l'attenzione dai problemi veri. Gli attacchi, purtroppo, indeboliscono la legge, le garanzie costituzionali, lo stato di diritto cui i deboli hanno sempre affidato la loro tutela nei confronti dei potenti, dei forti, degli abusi. Ci vorranno decenni per de-politicizzare il "brand" magistratura. Fino ad allora, saremo in balia dei potenti, delle opinioni, del populismo, della comunicazione.
Lo Stato di diritto val bene un'immunità concessa?
Per quanto mi riguarda la risposta è no.
RispondiEliminaPrima di tutto perchè la concessione dell'immunità non sarebbe l'"unico" provvedimento legislativo che concederemmo a Berlusconi (nonchè se non erro, a tutti i ministri e parlamentari, come da progetto di legge).
Da 15 anni stiamo lentamente ed inesorabilmente assistendo a picconate allo Stato di diritto, nel quale il primo, intoccabile e sacrosanto principio da rispettare è l'uguaglianza dei cittadini tutti
Credo sia inutile elencarti tutte le leggi che "questo" cittadino ha fatto varare dalla sua maggioranza o dalla "sua" opposizione per scampare alla Legge ed ai processi (tra le tante, quella gravissima sul falso in bilancio/salva-evasori e copertura/promozione per l'immensa corruzione del nostro Paese, ex Cirielli studiata ad hoc per regalargli la prescrizione nei processi - grande sfregio alla Giustizia del nostro Paese).
Ed allora ti chiedo: non concedendoti che B. ne "esca in qualche modo pulito" - la pulizia per me è un concetto profondamente diverso - ma sei veramente sicuro che la magistratura si prenda a picconate da sola?
o non sarà che a favore del PdC giochi l'immenso potere che possiede (sia a livello politico che mediatico ovviamente) che insinua e martella nella mente di tutti noi associazioni di parole e contenuti che diventano "verità" acquisite se solo non ti cauteli attivandoti per ricercare controinformazione e mettere insieme a fatica pezzi di verità?
Condivido pienamente la tua analisi sulla ricaduta devastante di questa corruzione etica, ma assolutamente non l'attribuzione causale a magistratura, giornali, intellettuali, popolo viola (che c'entra? finalmente un movimento senza colorazione politica che protesta contro uno stato di cose ed uno dei suoi emblemi).
La magistratura è obbligata all'azione penale contro i delinquenti. Come disse Davigo, per i magistrati sarebbe persino comodo eseguire pedissequamente degli ordini, e non doversi imbarcare in indagini problematiche (dove con questo sistema giudiziario si rischia soltanto di perdere faccia e reputazione e credibilità). Chi ci perde è solo il cittadino, lo Stato di diritto appunto.
Allora che si fa secondo te? supinamente accettare tutto questo schifo senza nemmeno tentare di sollevare la testa? Per dirla elegantemente,"cornuti e mazziati"?
Ripeto, assolutamente no.
Cordialmente, Claudia Bogneri