Il possibile divieto al burqa continua a far discutere la "blogsfera" (quì la mia posizione). Sul sito de iMille è nato un bel dibattito tra me e due altri commentatori (con posizioni diverse dalle mie). Mi è sembrato un dibattito interessante, e ho deciso di pubblicarlo quì sul mio blog.
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Blog non allineato di Società e Culture in Movimento nell'Orizzonte del Finito
domenica 31 gennaio 2010
venerdì 29 gennaio 2010
L'Umanità del Gatto vs. l'Umanità dell'Uomo
Pochi giorni fa, facendo zapping, sono incappato in questa dichiarazione di Alba Parietti: «Negli animali - ha detto - molto spesso si può trovare un'umanità che non si trova nelle persone».
Ora: non voglio certo tirarmi addosso le ire di tutti gli amanti degli animali domestici, trattando con superficialità e banalizzando le complesse e benefiche relazioni che si possono instaurare tra uomini ed animali.
Una cosa, però, non riesco proprio a lasciare passare: l'umanità è, per definizione, una proprietà dell'essere umano. Chi dice che gli animali hanno più "umanità" degli uomini, forse, ha una concezione errata, irreale, astratta, "alienata", di ciò che è e di ciò che dovrebbe essere un "umano"; di ciò che dovrebbe essere un rapporto affettuoso tra persone. Forse l'animale è quindi anche il simbolo del rapporto ideale che molti, consciamente o inconsciamente, desidererebbero instaurare con gli altri; un tipo di rapporto che, stante la natura ben diversa dell'essere umano reale, è praticamente irrealizzabile (con tutto il senso di frustrazione che ne può conseguire in chi non lo vuole capire).
mercoledì 27 gennaio 2010
Molestie di Stato. Perchè il "no al Burqa" fa più male del Burqa
Il divieto al burqa, proposto in Francia e ben accolto dall'opinione politica italiana, non "libera" le donne che indossano il velo integrale. Al contrario, le rende oggetto di violenza: in particolare, ad un surplus di violenza "familiare" istigata dallo stato o, in alternativa, ad una forma di umiliazione e di "molestia di stato".
(Donne sotto tiro. La rabbia, la rassegnazione, l'umiliazione)
Prendiamo per cominciare il caso di una donna musulmana residente in Francia che è effettivamente obbligata dalla famiglia (marito, genitore) ad indossare, nell'uscire di casa, il burqa.
Il tabù dello "sciacallaggio"
Tra le tante corrispondenze arrivate da Haiti, come prima da altri luoghi di immani tragedie, non manca quasi mai un riferimento agli "sciacalli", cioè a quelle persone che si aggirerebbero tra le macerie arraffando ciò che trovano. E la reazione è generalmente una sola: sdegno di fronte a chi, impietosamente, sembra "sfruttare" le catastrofi violando la "proprietà" dei deboli o - peggio - dei morti per un proprio tornaconto.
La questione, però, non è così banale. Me ne sono reso conto, improvvisamente, leggendo un paragrafo "qualsiasi" di un articolo scritto da un intellettuale haitiano. «C'è un termine che non bisognerebbe usare a caso: saccheggi. Quando una persona va a cercare tra le macerie qualcosa da bere e da mangiare prima che le gru radano tutto al suolo, non è saccheggio: è sopravvivenza. Ci saranno sicuramente dei saccheggi in futuro, ma finora ho solo visto persone che fanno il possibile per sopravvivere».
martedì 26 gennaio 2010
«..perchè fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare». E se gli passasse la voglia?
Accettare e spiegare le migrazioni, cioè quell'eterno movimento ciclico per le quali "le genti" (o meglio gli individui) si mescolano e, se giusto c'è nell'aria un pò di nervosismo, i "vecchi" se la prendono in varie forme con i "nuovi" peggiorando goffamente le cose, è necessario ma anche difficile. Ed il tema oggi forse più efficace, e sicuramente più usato, per far digerire l'immigrazione e la presenza di immigrati, prime seconde e terze generazioni (due fenomeni ben distinti), alla pancia dell'italiano medio, suona più o meno così: «abbiamo bisogno degli immigrati perchè fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare».
Purtroppo, questo genere di argomentazione non risolve i problemi. Al massimo li rimanda, in qualche modo aggravandoli.
domenica 24 gennaio 2010
Goethe e il "Viaggio in Italia", tra senso civico e "emergenze rifiuti"
«Goethe, nel suo viaggio in Italia, chiede all'amico bottegaio se non è assurdo che i marciapiedi siano in ordine solo perchè "ogni proprietario di magazzino o di officina [li] mantiene puliti a furia di scopare gettando tutta l'immondizia nel mezzo della via", col risultato che questa "diventa sempre più sudicia e finisce col restituirvi, a ogni soffio di vento, il sudiciume che vi avete accumulato". Questi ammette che sì, "quello che noi gettiamo dalle case, imputridisce davanti alle nostre porte. Guardate là; sono mucchi di paglia e di strame, avanzi di cucina e non so che altre sconcezze, che poi si disseccano e infine ritornano a noi sotto forma di polvere". Ma spiega che, secondo alcuni, tutto quel pattume non viene portato via perchè l'aristocrazia "ha interesse di mantenere uno stato così morbido alle sue carrozze, per poter fare con tutto il comodo la solita passeggiata sempre su terreno elastico"» (1)
sabato 23 gennaio 2010
Giovanni Sartori, teorico della destra xenofoba europea
«Giovanni Sartori.. Giovanni Sartori... Sartori... aspetta: chi era? Ah sì, quel vecchio studioso che scriveva sul Corriere che i musulmani non sono integrabili sulla base di ricostruzioni storiche e sociologiche ridicole, dando una dignità apparente alle pratiche ed ai proclami xenofobi e controproducenti dell'estrema destra europea...»
Giovanni Sartori (Firenze, 1924 - )
Teorico della destra xenofoba europea,
padre putativo di Matteo Salvini e di Storm Front
padre putativo di Matteo Salvini e di Storm Front
venerdì 22 gennaio 2010
Sicurezza è la villetta appena fuori città?
Sicurezza. Quale di queste due immagini trasmette una sensazione di maggiore sicurezza? In quale di questi due luoghi scegliereste di abitare?
(Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia, 1961)
(Ford Madow Brown, Il lavoro, 1865)
sabato 16 gennaio 2010
Lavoratori ospiti e migrazioni rotazionali
Germania 1970: Maier, Vogts, Patzke (65' Held), Schnellinger, Schulz, Beckenbauer, Grabowski, Overath, Muller, Seeler, Lohr (51' Libuda).
Germania (U21) 2009: Neuer, Beck, Boateng, Boenisch, Höwedes, Johnson, Castro, Aogo, Marin (54' Ben-Hatira), Dejagah (86' Wagner), Özil.
Queste due nazionali tedesche di calcio sono separate da 39 anni. Per la precisione, da 39 anni di politiche migratorie basate sull'idea che la gran parte degli immigrati tornerà, presto o tardi, nel proprio paese d'origine (figli al seguito, naturalmente).
La stessa convinzione sulla quale, diversi decenni dopo, l'Italia sta impostando il "modello italiano", cioè un una politica all'insegna della non concessione della cittadinanza, delle politiche scarse o nulle di inclusione, delle classi separate, degli incentivi nei periodi di recessione affinchè i migranti "di troppo" «se ne tornino a casa loro».
mercoledì 13 gennaio 2010
Il «Modello Italiano» per la gestione delle migrazioni secondo il Ministero degli Interni
Niente cittadinanza ai migranti, «perchè non la richiedono». Niente politiche serie di inclusione sociale, «perchè la maggior parte di loro prevede di tornare a casa». Ma non solo: selezioni all'ingresso sulla base di presunte «affinità culturali», e «riaffermazione» di una "nostra" non meglio definita identità culturale perchè «l'immigrazione pone a rischio le società che non si sanno difendere».
E' questo, in sintesi, il «Modello Italiano» per la gestione dell'immigrazione e per l'integrazione, verso cui il ministero italiano degli Interni (sic!) si sta esplicitamente muovendo.
E se fino ad oggi si poteva lamentare il fatto che l'Italia, al contrario dei grandi paesi di immigrazione, non avesse un modello su cui basare politiche coerenti di gestione dell'immigrazione e di inclusione dei migranti, oggi il problema è un altro: l'Italia si sta dando un modello, ma si tratta di un modello assolutamente demenziale.
E' questo, in sintesi, il «Modello Italiano» per la gestione dell'immigrazione e per l'integrazione, verso cui il ministero italiano degli Interni (sic!) si sta esplicitamente muovendo.
E se fino ad oggi si poteva lamentare il fatto che l'Italia, al contrario dei grandi paesi di immigrazione, non avesse un modello su cui basare politiche coerenti di gestione dell'immigrazione e di inclusione dei migranti, oggi il problema è un altro: l'Italia si sta dando un modello, ma si tratta di un modello assolutamente demenziale.
domenica 10 gennaio 2010
Tetto agli alunni stranieri: Un "provvedimento-spot" inapplicabile
Il Ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini ha annunciato in questi giorni che, a partire dal prossimo anno scolastico, verrà posto un tetto al numero di alunni stranieri per classe. Secondo il progetto, le classi di nuova formazione (prime elementari, medie e superiori) non dovranno avere al loro interno più del 30% di alunni stranieri. L'annuncio, strategicamente dato nei giorni della rivolta di Rosarno, ha suscitato un coro di approvazioni ed uno speculare coro di proteste nonostante sia, nei fatti, inapplicabile.
sabato 9 gennaio 2010
Cartoline da Rosarno: Civiltà e Barbarie nell'epicentro dello Scontro di Civiltà
Video-Cartoline da Rosarno, un comune calabrese di 15.000 abitanti (stagionale più stagionale meno), epicentro dello Scontro di Civiltà.
«Dobbiamo difendere le "nostre" donne»?
L'hanno affermato anche ieri alcuni dei bravi uomini di Rosarno (immoratalati in questo video d'epoca in una loro antica danza tribale), facendosi forti davanti alle telecamere, le spranghe ed i bastoni sguainati contro gli ex schiavi ribellati ora braccati: «dobbiamo difendere le nostre donne».
Il discorso, sotto sotto, cade infatti sempre lì, sui vecchi retaggi tribali: le donne come una proprietà, come una dotazione, come un patrimonio collettivo. Le donne come costola, e come parte molle della società (ventri e bocche, mica menti ed ossa, in corpi esili e inermi) che gli uomini, i guerrieri, hanno il dovere di difendere. Difendere, naturalmente, dagli altri, dalle bande vicine (e un pò da loro stesse). Ma ne siamo veramente sicuri?
venerdì 8 gennaio 2010
Storie di ordinarie rivolte di schiavi
Quando Spartaco capeggiò la rivolta degli schiavi, nell'Antica Roma, i cronisti dell'epoca la presero proprio male. Interrotti dal messo proprio a metà banchetto, si levarono dai loro triclini e, allontanando con un gesto di virile stizza schiavi e concubine meticcie, si diressero verso il luogo dei fatti.
giovedì 7 gennaio 2010
Sartori e il Multiculturalismo 3: La Ritirata Zoppicante
Negli ultimi giorni è esploso un dibattito sul multiculturalismo e sull'integrabilità dell'islamico, giunto oggi alla terza puntata nella quale Sartori smentisce in maniera un pò confusa gran parte delle gravi affermazioni che lo avevano reso il paladino dei pregiudizi essenzialisti e dell'odio anti-islamico. La nuova posizione di Sartori, che nega in gran parte quanto detto in precedenza, è in buona parte condivisibile seppure molto sottile e parecchio complessa. Questo articolo si propone di renderla più comprensibile, mostrando le contraddizioni con quanto detto in precedenza e smentendo la quasi totalità delle strumentalizzazioni e dei commenti a favore dei due precedenti tremendi pezzi del Sartori.
martedì 5 gennaio 2010
Come integrare Rutelli in una società avanzata? La vera sfida del multiculturalismo in Italia
Qualche giorno Giovanni Sartori, politologo, ed oggi Francesco Rutelli, marito di Barbara Palombelli, hanno sentenziato: l'integrazione degli islamici è velleitaria, ed il multiculturalismo è un'illusione.
domenica 3 gennaio 2010
Viaggi/ Lisbona: Quando il Mare non porta più Oro, ma solo Umidità
Tra la piazza del Parlamento e della Borsa, la storica Praca do Comercio circondata dall’imponente colonnato e incorniciata dal portale neoclassico, e le minuscole pescherie anonime e maleodoranti, un paio di bancali carichi di pesce salato sotto soffitti scrostati e bui, ci sono soltanto un centinaio di metri e una manciata di passanti distratti. L’atmosfera di Lisbona è tutta racchiusa in questa vicinanza, o meglio in questa contrapposizione vissuta con freddezza: da una parte l’imponenza silenziosa e geometrica dei vecchi monumenti ad uno splendore passato e dei boulevard ottocenteschi, e dall’altra l’anima portuale decadente dei sobborghi silenziosi che si arrampicano sui colli, i panni stesi ad asciugare al vento umido che soffia dall’Oceano Atlantico.
Lisbona è, oggi, una città alla ricerca di una sua collocazione nella contemporaneità. Sembra tirare a campare, sospesa com’è tra modernità e nostalgia, in un malinconico e contrito silenzio che fa di quest’antica capitale sbattuta dal progresso, oggi genuina ma contraddittoria, uno dei centri più affascinanti d’Europa.
Non siamo tutti belli, anzi. Come liberarsi dalla Tirannia dell'estetica
("Il Pensiero Selvaggio" per FiloPop)
L’apparenza estetica è, forse come mai prima, fondamentale. Se da un lato ciascuno di noi sembra avere la consapevolezza che il proprio aspetto è in qualche modo cruciale, dall’altro i modelli proposti dai media tendono a diventare sempre più irraggiungibili, elitari, onerosi.
Anche per questo, un numero enorme di persone vive il proprio aspetto fisico con imbarazzo e disagio. Il confronto con i modelli televisivi è, per i più, proibitivo; ed anche laddove questo confronto viene di fatto negato in partenza, i modelli agiscono sulla percezione facendoci sentire un po’ più “brutti” ed un po’ più diversi di quello che in realtà siamo, almeno rispetto alla media nazionale, e facendoci in qualche modo pesare questa mancanza presunta. In un modo o nell’altro, quasi nessuno si sente completamente “a posto”.
Allo scopo di contrastare questa tirannia dei modelli estetici, liberando le persone dal disagio legato all’apparenza, sta emergendo all’interno della stessa “cultura pop” una sorta di nuova prospettiva che sostiene pressappoco questo: “Siamo tutti belli”, o “tutti lo possiamo diventare”.
L’apparenza estetica è, forse come mai prima, fondamentale. Se da un lato ciascuno di noi sembra avere la consapevolezza che il proprio aspetto è in qualche modo cruciale, dall’altro i modelli proposti dai media tendono a diventare sempre più irraggiungibili, elitari, onerosi.
Anche per questo, un numero enorme di persone vive il proprio aspetto fisico con imbarazzo e disagio. Il confronto con i modelli televisivi è, per i più, proibitivo; ed anche laddove questo confronto viene di fatto negato in partenza, i modelli agiscono sulla percezione facendoci sentire un po’ più “brutti” ed un po’ più diversi di quello che in realtà siamo, almeno rispetto alla media nazionale, e facendoci in qualche modo pesare questa mancanza presunta. In un modo o nell’altro, quasi nessuno si sente completamente “a posto”.
Allo scopo di contrastare questa tirannia dei modelli estetici, liberando le persone dal disagio legato all’apparenza, sta emergendo all’interno della stessa “cultura pop” una sorta di nuova prospettiva che sostiene pressappoco questo: “Siamo tutti belli”, o “tutti lo possiamo diventare”.
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