venerdì 29 gennaio 2010

L'Umanità del Gatto vs. l'Umanità dell'Uomo

Pochi giorni fa, facendo zapping, sono incappato in questa dichiarazione di Alba Parietti: «Negli animali - ha detto - molto spesso si può trovare un'umanità che non si trova nelle persone».

Ora: non voglio certo tirarmi addosso le ire di tutti gli amanti degli animali domestici, trattando con superficialità e banalizzando le complesse e benefiche relazioni che si possono instaurare tra uomini ed animali.

Una cosa, però, non riesco proprio a lasciare passare: l'umanità è, per definizione, una proprietà dell'essere umano. Chi dice che gli animali hanno più "umanità" degli uomini, forse, ha una concezione errata, irreale, astratta, "alienata", di ciò che è e di ciò che dovrebbe essere un "umano"; di ciò che dovrebbe essere un rapporto affettuoso tra persone. Forse l'animale è quindi anche il simbolo del rapporto ideale che molti, consciamente o inconsciamente, desidererebbero instaurare con gli altri; un tipo di rapporto che, stante la natura ben diversa dell'essere umano reale, è praticamente irrealizzabile (con tutto il senso di frustrazione che ne può conseguire in chi non lo vuole capire).

Cosa può avere inteso Alba Parietti dicendo che gli animali hanno più "umanità" delle persone? Cos'è quella supposta "umanità" cui faceva riferimento? Possiamo provare a comprenderlo facendo riferimento ad una breve lettera aperta, scritta da tale "chiaramarina" al suo gatto "Pepe" (il gatto dell'immagine): una lettera che trasmette grande dolcezza, e che ci aiuta a focalizzare meglio l'idea di "umanità" dell'animale*.

Caro Pepe,
anche se non puoi leggerla, ho deciso di dedicarti questa lettera. Quando sono triste, quando mi arrabbio con il mondo, quando mi sento sola, tu sei lì. Non dici una parola, ma le tue fusa leniscono ogni dolore. Quando mi guardi con gli occhi innamorati ed accendi il tuo motorino io mi calmo e pervasa dalla tenerezza sorrido. Sempre più spesso credo che tu sia l’unico realmente capace di capirmi. Non so come fai, ma quando ho bisogno di te ci sei sempre e mi sommergi con le tue dolci coccole. Non so se per te sono una buona madre adottiva, ma so che ti amo ogni giorno di più e che la tua felicità è la mia. Non smettere mai di farmi le coccole,
la tua mamma

L'"umanità" del gatto Pepe sta nella capacità di "comprendere" emotivamente, "stando in silenzio", la padrona: un genere di comprensione che sicuramente non rischia di generare attriti. In secondo luogo, il gatto c'è sempre, vive in funzione della "mamma" (così si definisce, come a ricordarci che ci troviamo di fronte ad una relazione con un surrogato idealizzato di essere umano), non ha e non chiede grande autonomia. Inoltre, non ha necessità impreviste nè richieste particolari, ma solo banali necessità di prestazioni routinarie di cura, che rendono la relazione apparentemente simmetrica. Infine, ha un solo comportamento standard: fa le fusa, lo "sguardo innamorato", le "coccole". E promette di farlo per tutta la vita.

Evidentemente, non c'è nulla di "umano" in questo genere di comportamento e di relazione rassicurante e totale. L'essere umano, infatti, parla, ha opinioni, ha stati emotivi, sbaglia, genera attriti. L'essere umano vive anche in funzione di sè stesso, e non è sempre a disposizione di qualcuno: ha e desidera un certo grado di autonomia. L'essere umano ha bisogni strani, incomprensibili, mutevoli, che spesso non è in grado in prima persona di identificare. L'essere umano non dipende in tutto e per tutto da un altro essere umano, che si può quindi innalzare al ruolo di protettore e di benefattore assoluto. Infine, l'essere umano ha un ampio set di comportamenti e tende a mutare le proprie opinioni.

L'essere umano è una bestia ben più impegnativa

L'idea di "umanità" espressa in relazione al gatto, quindi, è una pura e semplice astrazione. Forse esistono donne, in qualche luogo, ancora disposte a comportarsi nei confronti del proprio uomo come animali domestici; a parte questi esempi, per nulla edificanti, l'umanità però è ben altro.

Non c'è che da rendersene conto; se non altro, per fare un pò chiarezza sulla realtà e sui propri bisogni.

Pochi giorni fa, in un servizio di coda di un tg nazionale, la presidentessa dell'associazione cinofili milanesi si è così espressa: «Il cane non ha bisogno di grandi spazi. Può bastare anche un piccolo appartamento: ciò che conta è l'amore che gli sappiamo dare».

Questa frase mi ha generato un grande senso di soffocamento, ed il pensiero è corso immediatamente a  Natascha Kampusch.

Non sono i gatti ad essere "umani". Siamo noi che, spesso, desidereremmo avere a fianco degli animali domestici piuttosto che dei veri esseri umani, con annesse gioie e dolori.

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* Per approfondire meglio le dimensioni della relazione umano-gatto si può anche leggere questo necrologio che racconta la storia tra "eli" e la gatta Camilla ("milla"), sottoposta ad eutanasia meno di un mese fa.

2 commenti:

  1. Comincerei a preoccuparmi allora anche per Victor Hugo, poveretto...
    E pure per Torquato Tasso, nonché per il Petrarca, che così divino non doveva poi essere, se tanto amò il suo gatto dopo e più di Laura... che donnette!

    Infatti i gatti non hanno niente di "umano", e per fortuna! Sono solo ineffabili in effetti, tanto da farci a volte trovare in loro più qualità, le quali per assurdo dovrebbero essere umane, che altrove... quindi quello che intendeva Alba appare chiarissimo e veritiero.

    P.S.: Sì, questo tipo di Amore necessita delle più pregiate facoltà dell'intelligenza, quelle astratte appunto. Eppoi tutta questa cosiddetta complessa interessante profonda umana "umanità", in giro non la si vede proprio, sarà....

    www.gattodelfuturo.it

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  2. «Infatti i gatti non hanno niente di "umano", e per fortuna [...] tutta questa cosiddetta complessa interessante profonda umana "umanità"»

    Perfetto daniela, il tuo pensiero mi sembra perfettamente in sintonia con il contenuto dell'articolo. Mi sembra renda in pieno l'idea di come il concetto di "umanità" sia profondamente astratto, e di come le relazioni con gli animali rispondano a dei bisogni che implicitamente desidereremmo veder soddisfatti da "umani" (così suggerisce la retorica), ma che gli umani (per fortuna) per loro natura non possono soddisfare.

    Detto questo, non sono assolutamente preoccupato e ho il massimo rispetto.

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