mercoledì 27 gennaio 2010

Molestie di Stato. Perchè il "no al Burqa" fa più male del Burqa

Il divieto al burqa, proposto in Francia e ben accolto dall'opinione politica italiananon "libera" le donne che indossano il velo integrale. Al contrario, le rende oggetto di violenza: in particolare, ad un surplus di violenza "familiare" istigata dallo stato o, in alternativa, ad una forma di umiliazione e di "molestia di stato".
(Donne sotto tiro. La rabbia, la rassegnazione, l'umiliazione)
Prendiamo per cominciare il caso di una donna musulmana residente in Francia che è effettivamente obbligata dalla famiglia (marito, genitore) ad indossare, nell'uscire di casa, il burqa.
Il giorno in cui entrerà in vigore una legge che vieterà alla donna di circolare indossando un velo integrale, pena (oltre ad un surplus di insulti da parte degli autoctoni) una umiliante sanzione amministrativa, cosa credete che ne sarà di questa donna? Padri e mariti, che fino al giorno prima l'hanno sempre "obbligata ad indossare il burqa" (secondo l'ipotesi), la lasceranno forse uscire per strada come se nulla fosse indossando un abito qualunque? Ovviamente no: al contrario, la terranno segregata in casa. «Tu conciata così non esci!»: è come se si fosse istituito l'obbligo della minigonna nell'Italia degli anni '20. Gli uomini, così, non le permetteranno di andare al corso di italiano, al mercato, al saggio di fine anno dei figli. La donna proverà a ribellarsi? Magari aumenteranno la dose di violenza domestica, in quelle poche minuscole stanze diventate sempre più prigione. E secondo voi quella donna denuncerà? Pur "obbligata al burqa", non ha mai denunciato pur avendo ogni legge dalla sua parte: un motivo ci sarà, e questo cambiamento sicuramente non farà che peggiorarne la situazione. Senza un contatto con l'esterno, senza una scusa per uscire, senza conoscere il mondo attorno, senza mezzi di sostentamento, immersa in una percezione di ostilità nei suoi confronti, la donna rimarrà murata nella sua prigione non più di stoffa bensì di mattoni.

Naturalmente, tra i 2.000 burqa che secondo le stime ufficiose circolerebbero in Francia (su una popolazione di circa 5 milioni di musulmani, di cui solo circa un terzo autoproclamatisi "praticanti"- fonte Repubblica cartaceo di oggi), non tutti i burqa sono veramente imposti con la forza alle donne. Una quota consistente, probabilmente maggioritaria, è infatti composta da donne che, provenienti da comunità chiuse in cui il burqa è un'abitudine a cui nessuna donna si sottrae, indossano il burqa in maniera "naturale", sostanzialmente "volontaria" cioè sulla base di ragioni banali quali, in primis, l'abitudine e la tradizione.

Prendiamo quindi il caso di una donna che indossa "consapevolmente" il burqa, anche solo perchè lo ha sempre indossato, il giorno dopo l'istituzione del divieto. Magari una donna giunta in Italia in età già matura, dopo 30 anni di burqa in Afghanistan. Che farà, di fronte a questa violenza di stato? Di fronte ad uno stato che la obbliga a mostrare in pubblico, per la prima volta nella sua vita, il proprio corpo, il proprio viso? Di fronte ad uno stato "liberale" che la spoglia, che viola il suo pudore, che ignorando la sua volontà le strappa gli abiti di dosso per decreto, che - seppur virtualmente - la molesta, la stupra?

Scoprireste voi una parte del vostro in pubblico perchè lo stato lo prescrive? Mettereste voi da parte il vostro senso del pudore per un provvedimento amministrativo? Molti, sicuramente, trasformerebbero l'abito proibito in una forma di resistenza, di esistenza, di opposizione: è quello che succede, in molti luoghi, con il velo. Altri, forse, si adeguerebbero lentamente, pena un grande senso di sofferenza e di umiliazione. Un trauma extra, e dei più intensi: altro che forma di liberazione e di integrazione.

E' questo quello che ci possiamo augurare?



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7 commenti:

  1. Ciao Andrea. Quoto in toto nella sostanza il tuo post.
    Non so però se 30 anni fa fosse così obbligatorio, in Afghanistan, per le donne, portare il burqa.
    Poi è molto più frequente vedere donne in niqab che non in burqa in Italia.
    A me n'è capitata di vedere una in 30 anni di vita.
    E comunque ci tengo a ribadire che mi offende molto di più l' esposizione a quarti del corpo femminile sui cartelloni pubblicitari, sulle riviste femminili, che avviene con l' assenso delle donne, che non il niqab o (caso di scuola) il burqa portato volontariamente.
    Mi offende non perché sia sessuofoba, ma per il conformismo vischioso del modello culturale che rappresenta. Quello della donna-oggetto

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  2. caro Andrea
    penso che le donne Iraniane possano dare una risposta più attendibile della mia alle tue preoccupazioni
    Questo è il manifesto che mi è arrivato dall'Iran, tradotto stanotte in italiano, con tutti i riferimenti alla lotta delle donne iraniane.

    http://albamontori.blogspot.com/2010/01/manifesto-of-liberation-of-women-in.html

    penso che sia esaustivo
    28 gennaio 2010 05.26

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  3. buongiorno Alba,

    smettiamola per favore, tutte le volte che si parla di immigrazione e di xenofobia, di spostare il discorso altrove (all'afghanistan, all'iran, all'arabia saudita, all'egitto, ai tanti luoghi di cui non sappiamo nulla). Oltre a preoccuparci tanto per queste donne lontane, tremendamente comode per le nostre battaglie ideologiche, proviamo a pensare alle donne che vivono tra di noi, che dal giorno dopo l'approvazione della legge saranno poste di fronte a questa alternativa: murarsi in casa, o spogliarsi oltre il loro senso del pudore per una molestia amministrativa. il resto è soltanto fumo

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  4. Un contributo interessante

    http://www.petizionionline.it/petizione/no-alla-proibizione-del-velo-integrale-niqab/544

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  5. Caro Lorenzo:
    1) In Francia mancano ormai poche settimane alle elezioni;
    2) Una legge sul niqab non costa niente (altro sarebbe una riforma della scuola…)
    3) una legge sul niqab polarizza e in tempi come questi porta, ahimé, acqua al mulino di chi la promuove;
    4) stiamo parlando di ca. 2000 donne, la maggior parte cittadine francesi, pari allo 0,003% della popolazione.
    Credo che il motivo strumentale di questa iniziativa e di simili iniziative italiane, sia evidente.
    Non conosco donne che portano il velo integrale (niqab), ma conosco donne molto coperte e perennemente vestite di nero che passano gran parte del loro tempo a pregare e recitare il Corano e mi rendo conto che tutte le speculazione sulla loro volontá e/o la loro forzata sottomissione agli uomini o alla tradizione sia una discussione sull’aria fritta.
    Mia nonna Luisa (pace all’anima sua) vestiva di nero e al mattino alle cinque aspettava che il sacrestano aprisse la porta della chiesa per recitare il primo di una lunga serie di rosari. Mia nonna era privatamente una donna felice e con un senso dell’umore incredibile, ma allora la Lega non c’era e il marito di Carla Bruni portava i pantaloni corti…

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  6. Ciao Andrea.

    Infatti come dice 30 anni fa, non era affatto obbligatorio il burqa.
    Condivido, invece quello che dice Alba. Noi siamo contrari anche al divieto del niqab e del burqa perchè abituati alla libertà: spesso questa libertà non c'è nemmeno da noi ! Anzi, a volte, veli che non venivano imposti in patria, vengono imposti da noi!

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  7. Da italiana espatriata in Francia che ama il niqab ed ha tentato più volte di indossarlo sia in Italia che in Francia, tra varie difficoltà, vi segnalo la posizione delle "niqabate italiane":
    http://www.petizionionline.it/petizione/no-alla-proibizione-del-velo-integrale-niqab/544
    a conferma di quanto sia futile parlare di qualcosa senza interpellare i soggetti coinvolti.
    Ciò che viene supposto è, nella maggior parte dei casi, pura fantasia.
    In Italia come in Francia indossare il niqab è una battaglia che si svolge anche dentro al nucleo familiare originario, in cui i genitori ti dicono di no, che non puoi farlo, non devi e tu glielo imponi, te lo metti di nascosto e così via! ...Incredibile, vero?

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