domenica 24 gennaio 2010

Goethe e il "Viaggio in Italia", tra senso civico e "emergenze rifiuti"

«Goethe, nel suo viaggio in Italia, chiede all'amico bottegaio se non è assurdo che i marciapiedi siano in ordine solo perchè "ogni proprietario di magazzino o di officina [li] mantiene puliti a furia di scopare gettando tutta l'immondizia nel mezzo della via", col risultato che questa "diventa sempre più sudicia e finisce col restituirvi, a ogni soffio di vento, il sudiciume che vi avete accumulato". Questi ammette che sì, "quello che noi gettiamo dalle case, imputridisce davanti alle nostre porte. Guardate là; sono mucchi di paglia e di strame, avanzi di cucina e non so che altre sconcezze, che poi si disseccano e infine ritornano a noi sotto forma di polvere". Ma spiega che, secondo alcuni, tutto quel pattume non viene portato via perchè l'aristocrazia "ha interesse di mantenere uno stato così morbido alle sue carrozze, per poter fare con tutto il comodo la solita passeggiata sempre su terreno elastico"» (1)

In questa citazione, che risale agli scritti di Goethe di fine '700, c'è già tutto.

C'è l'abitudine di spazzare il pezzo di marciapiede davanti casa, oggi in rapida estinzione nella forma ma non nel significato: spazzando l'uscio il bottegaio sembra partecipare in qualche modo alla "cura" degli spazi comuni, del marciapiede, ma solo finchè li considera una pertinenza della sua abitazione; e chissenefrega se lo sporco viene allontanato solo di qualche centimetro, e se le esalazioni spesso tornano indietro.

C'è quella sorta di sfiducia e di pessimismo nelle imprese collettive, che porta ciascuno a fare da sè anche se ciò è inefficace: a Goethe suona tremendamente strano che la cittadinanza non si sia accordata "producendo" uno spazzino, o trovando comunque un modo per trasferire la sporcizia altrove, mentre per il bottegaio, che pure sembra trovare la situazione spiacevole, sembra considerare il problema con lo stesso atteggiamento con cui si constata un inverno rigido o un'estate arida. Mostra un qualche disgusto, quello sì: ma si mette il cuore in pace rilevando come lui, in fondo, abbia anche "fatto il possibile", pur nel degrado generale, spazzando il proprio uscio.

E c'è anche, infine, un'aristocrazia un pò arrogante e un pò zozza, che sfila in carrozza per rimarcare la propria superiorità rispetto agli altri seppur su un tappeto di sudiciume, con un'unica, popolana e banale consolazione: quella di ridurre, grazie a questo "tappeto elastico", l'usura delle proprie ruote.

Tutto si incastra a meraviglia in un'immagine completa, statica, equilibrata, quasi senza tempo.
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(1) Gian Antonio Stella, L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi, BUR, 2003, p.61.

1 commento:

  1. Vedete un po' cosa scriveva Goethe sull'Italia più di due secoli fa: http://tbagarolo.blogspot.com/2009/08/goethe-sullitalia-non-e-cambiato-nulla.html
    Perché da noi il senso civico è così basso? Potrei azzardare una risoposta storica, ma suonerebbe assolutoria. Io non ne posso più di questa Italia di "furbi", ma così furbi da farsi regolarmente del male...
    Eppure basterebbe un po' di attenzione quotidiana all'ambiente (tutto: natura, persone, città, animali...) per migliorare di non poco la qualità della vita. E magari per diventare "intolleranti" verso questa tolleranza dell'intollerabile e del ceto politico che ci vive sopra.

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