Quando Spartaco capeggiò la rivolta degli schiavi, nell'Antica Roma, i cronisti dell'epoca la presero proprio male. Interrotti dal messo proprio a metà banchetto, si levarono dai loro triclini e, allontanando con un gesto di virile stizza schiavi e concubine meticcie, si diressero verso il luogo dei fatti.
La loro risposta alle rivolte fu feroce e scontata. Che modi, questi schiavi! Non contenti di aver già rotto le catene, gli schiavi si erano infatti accaniti anche contro tutti coloro che avevano incontrato sulla loro strada: negozianti, passanti, popolani, gente innocente colpevole solo di tirare per la propria strada, incendiando un paio di botteghe ed ammaccando una dozzina di vasi. Che modi, questi schiavi! Perdere così la testa, e prendersela en passant con chi non c'entra nulla, giusto per sfogare la rabbia... contro cosa? Mah... valli a capire, i seguaci di Mitra...
Impigriti dalla digestione, i cronisti preferirono lanciarsi nelle interviste sul campo. «Non capisco, non sono questi i modi... io non c'entro nulla anzi, li ho sempre in qualche modo apprezzati. Sa, con mio marito qualche volta andavo pure a vederli lottare... bei figlioli, tra l'altro.. anche se a casa loro sono più socievoli e più simpatici» osservò una verduraia (quest'ultima frase ambigua rimase chiaramente intrappolata tra le maglie della censura).
L'intervendo delle guardie, che bloccò le centinaia di bellicosi locali intenzionate a linciare i riottosi giusto per salvare l'onore del popolo romano («noi ce l'abbiamo più duro», affermò un secondo intervistato, un liberto di origini celtiche, a sua volta censurato), ristabilì per fortuna presto lo status quo permettendo a tutti, o almeno a chi l'aveva, di tornare a casa.
Oggi, in provincia di Reggio Calabria, è scoppiata tra gli immigrati una rivolta. Pare che tutto sia nato quando un onesto cittadino, disturbato da un capannello di ragazzi di colore che chiacchieravano davanti al marciapiede di casa, ha sparato sui giovani immigrati un paio di colpi di fucile ad aria compressa, forse un recente regalo di Natale ancora da provare, facendo due feriti.
Forse ai migranti sono tornati in mente i 6 africani ammazzati dalla camorra, tanto per guadagnare un pò di consenso e rimettere al loro posto gli schiavi, giusto un paio di anni fa in Campania; più probabilmente qualcuno di loro ha capito male e si è messo in testa, chissà per quale strana paranoia, di vivere in un paese razzista e schiavista ed ha sentito il bisogno di fare qualcosa. Fatto sta che come risposta i migranti di Rosarno, in buona parte giovani schiavi agricoli soli e spremuti dalla malavita locale, a spasso nell'attesa del prossimo raccolto, braccati dalle autorità, immersi in un clima di razzismo ed esclusione e leggermente esasperati, hanno scatenato un paio di ore di guerriglia urbana prendendosela un pò con chi capitava. Il bilancio, quanto mai vago, parla di 34 feriti (chi? come?). Un episodio sicuramente impossibile da giustificare.
Essendo la storia fatta di corsi e di ricorsi, e gli uomini sempre della stessa pasta, i cronisti di oggi si sono giustamente "fiondati" sulla notizia. Dai loro salotti televisivi (una bella comodità, seppur guadagnata, poter rimanere sul triclinio tra le cortigiane e commentare la rivolta da lontano!) hanno fornito, come i loro predecessori, la loro chiave di lettura.
Anche questa volta, nessuno si è messo in testa di pensare che la causa di tutto ciò potesse essere anche un pò quel regime di schiavitù che ancora vige, in ampie zone oscure del paese, che ha tra i suoi rischi naturali il fatto che ogni tanto uno schiavo esasperato possa "sbroccare". Prendendo come naturale e scontato il poco notiziabile fenomeno delle decine di migliaia di giovani clandestini impiegati dalla "malavita" (sempre che si voglia chiamare così la maggioranza dei proprietari agricoli del sud Italia) e per nulla tutelati dalle autorità, il cronista medio del secolo ventuno ha preferito prendersela ancora con i modi usati e con gli schiavi stessi, unici colpevoli della vicenda intera. Come se nulla fosse cambiato.
Il problema è l'immigrazione, «la tolleranza» ha detto il ministro Maroni subito ripreso dai giornali (poteva usare un'altra parola se davvero avesse voluto esprimere davvero lo sdegno di fronte al problema dello sfruttamento dei clandestini.. ma si sa, mandare ogni tanto un messaggio che rimandi alla non integrabilità è diventato sport nazionale). Poco importa la condizione particolare in cui vivono questi "immigrati", cioè la condizione di schiavitù.
Facciamo finta che siano immigrati qualunque, solo un pò rompicoglioni.
Facciamo finta che siano immigrati qualunque, solo un pò rompicoglioni.
Giusto per tirare dentro nel calderone anche le centinaia di migliaia di Mohammed che, oltre a centrare poco o nulla con i giovani clandestini avventurosi finiti tra le mani dei trafficanti italiani, continuano, con il mal di schiena, la moglie incinta ed il mutuo da pagare, a sfacchinare in silenzio per qualche sesterzo dietro le quinte delle loro dimore reali e virtuali.
è così... e non solo al sud, al nord ci sono altre forme: nell'edilizia, per fare un es., che se muoiono tanto chi sono? un sistema che invece di controllare gli sfruttatori, controlla gli sfruttati; oltre al razzismo c'è il qualunquismo di chi sa solo guardare al "grande" fratello!
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