lunedì 28 febbraio 2011

Della flexisexuality, e delle parodie pop delle Scienze Sociali

Il Corriere della Sera introduce in Italia la notizia secondo la quale, genericamente oltreoceano, sarebbe stato coniato il termine Flexisexual in risposta al comportamento, sempre più diffuso tra le ragazze eterosessuali, di baciare amiche dello stesso sesso.

"Se la prima decade del ventunesimo secolo sarà ricordata per le profonde trasformazioni nell'immagine dell'uomo (si è passati dal metrosexual - l'uomo eterosessuale, metropolitano e curatissimo nell'aspetto - all'ubersexual - virile, elegante e sicuro di sé - fino ad arrivare ai più moderni heteropolitan - uomini con un fisico da urlo e modi da bravo ragazzo) l'inizio della seconda decade di questo secolo è caratterizzata dall'emergere di una nuova figura femminile: la donna flexisexual. Come ha raccontato in un lungo articolo il sito web dell'Abc questo tipo di donna è attratta profondamente dalla bellezza femminile e ama frequentare ragazze carine e sexy. Tuttavia non è né lesbica, né bisessuale, ma continua a preferire sessualmente gli uomini".

Gli elementi che rendono questo genere di narrazione una parodia integrale delle scienze sociali sono diversi: l'abuso di etichette e di definizioni sintetiche; l'utilizzo di testimonianze e di pareri di "esperti" assolutamente inconsistenti; l'utilizzo dei personaggi e degli elementi del pantheon del mondo vip a sostegno delle argomentazioni; l'impressione, accuratamente costruita, di avere a che fare ogni volta con un cambiamento epocale e in qualche modo endemico. Il peccato è che, queste parodie, tolgono autorevolezza a coloro che vorrebbero studiare seriamente queste cose lasciando sul terreno numerose vittime collaterali (nel caso specifico, per esempio, le vere bi- e omo-sessuali - come minimo ridicolizzate).

Ci sono però due elementi interessanti. Da una parte, questi articoli colgono - seppur in maniera ridicola - dei trend latenti: in generale, una confusione almeno superficiale delle barriere tra i generi e, nel caso specifico, la graduale trasformazione di alcune innocenti e non disturbanti pratiche bi- e omo-sessuali in elemento di glamour ("non c'è nulla di sessuale, state tranquilli", assicura anche il Corriere). Dall'altra parte, questi articoli producono gli stessi comportamenti che sostengono essere diffusi educando alcuni, ed autorizzando altri a liberare queste loro pulsioni. Non dimentichiamo che, in un certo modo, se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze.

venerdì 25 febbraio 2011

Danilo Mainardi e il beagle come campione di morale

In un'epoca di gretto individualismo, di povertà culturale e di questioni morali, di che cosa abbiamo bisogno se non di una storia edificante con protagonisti degli animali per commuoverci e per ri-educarci a riconoscere il giusto e lo sbagliato? Bene: il famoso etologo Danilo Mainardi, dalle pagine del Corriere, ci sovviene in aiuto con una storia di altruismo, eroismo e rettitudine animale. 

Dello strano rapporto idealizzato che lega sempre più gli uomini agli animali (gli animali come fuga e come entità elementare su cui proiettare quegli aneliti un pò ingenui che non trovano spazio nel mondo reale), avevo parlato già in passato quando avevo visto in tv la Parietti sostenere che "gli animali hanno molta più umanità degli esseri umani". L'utilizzo di termini quali "eroismo", "amicizia", "altruismo", amore", o "bontà" per descrivere i comportamenti animali, umanizzandoli, non suona d'altra parte quasi più fuori luogo."La tendenza ad attribuire caratteristiche umane agli oggetti (o agli animali) è un modo per difenderci dall'ignoto, dalla solitudine e dagli imprevisti; è un tentativo di dare un senso a un mondo in gran parte privo di significato" scrive Douglas Fox sul New Scientist (lo trovate nell'edizione di Internazionale dello scorso venerdì, n.885). 

giovedì 24 febbraio 2011

Sempre meno bagni pubblici. La questione dal punto di vista degli anziani

Il numero di bagni pubblici a disposizione dei cittadini è in costante calo, rileva il Guardian: il comune di Manchester, solo per fare un esempio, ha programmato la chiusura di tutti i bagni pubblici della città - escluso uno. Certo: centri commerciali, fast food, biblioteche e locali pubblici in generale, sembrano poter sopperire in molti casi a questa mancanza; allo stesso tempo, però, hanno orari di chiusura, non sono facilmente accessibili e ben distribuiti sul territorio (si pensi ai grandi parchi, alle passeggiate, o anche ai quartieri residenziali), o obbligano i soggetti a dover manifestare la loro condizione di disagio e debolezza per ottenere la chiave. 

Il problema sembra particolarmente grave per gli anziani, che oltre ad una minore mobilità e ad una maggiore timidezza hanno frequenti problemi di incontinenza. Secondo uno studio commissionato da un gruppo inglese che si occupa di diritti degli anziani, il 52% degli anziani intervistati ha dichiarato che la carenza di bagni pubblici è una delle cause per cui essi decidono di uscire di casa meno di quanto desidererebbero. A prescindere da questo dato tendenzioso: la chiusura di bagni pubblici è davvero un problema serio, specie se dal punto di vista degli anziani? I risultati della ricerca quali-quantitativa condotta dall'associazione Help the Aged sono un buon punto di partenza per capire il mondo dei fruitori di bagni pubblici.

mercoledì 23 febbraio 2011

Cosa c'è di più importante per una comunità del riconoscersi insieme in una epopea

"Cosa c'è di più importante per una comunità del riconoscersi insieme in una epopea?" si chiede Gian Antonio Stella? Migliaia di cose, mi viene da rispondere d'impulso. Basta guardare nel catalogo delle comunità che nella storia si sono riconosciute insieme in un'epopea: chi più di Germania nazista, Europa colonialista, Occidente crociato o Unione Sovietica stalinista, rendono con forza l'idea di comunità che si riconosce in un'epopea? Anna Arendt non ha scritto solo La banalità del male, dopo tutto.

Per prima cosa, dovremmo chiederci quale è il senso di un'epopea condivisa, quali sono i valori su cui si fonda, chi sono i protagonisti; il valore di un movimento sta semmai in questi elementi, e non nel fatto che migliaia (o milioni) di automi si muovano insieme magari sull'onda di una qualsiasi pericolosa filosofia assoluta della storia. Poi ci dobbiamo chiedere: dove ci porterà davvero quest'epopea? E a quale costo? Per arrivare alla domanda centrale: c'è spazio per la diversità, per l'individuo, per l'anticonformista, per l'outsider, per il non cittadino, in questa comunità e in questa epopea, in questa valanga che assorbe tutto ciò che incontra in una melma coesa qualsiasi? Normalmente la risposta è no.

Certe retoriche (Dio, Patria e Famiglia) sarebbe bello poterle lasciare alla destra reazionaria e populista.

martedì 22 febbraio 2011

Matrimoni religiosi - gay tra i musulmani in Gran Bretagna

La BBC dedica spazio al mondo dei gay musulmani in Gran Bretagna, ed in particolare al fenomeno della celebrazione di matrimoni omosessuali religiosi ad opera di alcuni imam progressisti. Oltre a  mostrare l'eterogeneità del mondo musulmano, nello specifico in contesto europeo, e ad accennare all'islamofobia diffusa anche nel mondo LGBT, l'articolo è particolarmente interessante perchè dedica spazio alla volontà, pur manifestata in maniera esplicita da una esigua minoranza, di conservare e ribadire la forma ed il significato del matrimonio anche e soprattutto nel suo significato religioso-culturale (le unioni civili sono state introdotte in UK nel 2005).
"I didn't really plan it, but it just really seemed like the way it was between us, I should try and keep it as pure as possible. That may sound strange being lesbians, but it felt like we should do it the most honourable way we could" racconta una protagonista. Giusto per ricordarci dell'ampio spettro di sensibilità che caratterizzano i vissuti dei moderni cittadini globali, e della molteplicità di visioni coerenti e degne - benché paradossali.

lunedì 21 febbraio 2011

E' morto Noureddine Adnane, l'ambulante che si è dato fuoco sulla sponda sbagliata del Mediterraneo

Lo scorso 21 gennaio, all'alba della fase finale della rivoluzione tunisina, il New York Times dedicava un ampio articolo, intitolato "come un solo fiammifero può innescare una rivoluzione", al riemergere nella Storia dell'atto estremo di darsi fuoco per protestare politicamente contro le ingiustizie e i soprusi

L'atto iniziale della rivoluzione tunisina era stata proprio l'autoimmolazione di Mohamed Bouazizi, un ventiseienne laureato che si era ritrovato a fare l'ambulante abusivo per vedersi infine la merce confiscata dalla polizia di Sidi Bouzid. Bouazizi, sicuramente esasperato e in preda allo sconforto, aveva scelto di dare voce alla propria protesta rifacendosi proprio all'atto estremo impresso nella memoria e nell'immaginario collettivo - e probabilmente anche nell'inconscio globalizzato dello stesso Bouazizi - soprattutto dai bonzi vietnamiti e da Jan Palach. In maniera sicuramente inaspettata, il gesto estremo di Bouazizi ha trovato terreno fertile nella Tunisia (e sull'intera sponda sud del Mediterraneo) contemporanea dove - per farla breve - i dannati della terra si sono sollevati per protestare contro la miseria e per urlare la propria volontà di dare una scossa alla situazione.

"One thing is strongly suggested by the academic studies: People are more likely to copy suicides if they see that they have results, or get wide attention", aveva scritto il NYT citando il sociologo David Phillips, teorico dell'effetto Werther. Ed è proprio qui, molto probabilmente, che dobbiamo cercare il significato profondo del gesto di Noureddine Adnane, ventottenne venditore ambulante e migrante modello da libro Cuore che ha deciso di reagire ad un sopruso e sicuramente ad un pesante disagio generale che covava dentro rifacendosi, ma nella vicina ed europea Palermo, all'archetipo dell'auto-immolazione col fuoco.

Anche Nouraddine è morto; ma su questa sponta stanca del Mediterraneo, il suo grido di estrema rivolta è valso 5.000 euro di beneficienza alla famiglia da parte di Schifani.

venerdì 11 febbraio 2011

Filosofia è disponibilità a cambiare la propria opinione

Micromega ripropone un articolo, tradotto per l'Italia dal Sole 24 Ore, che racconta l'esperienza (ed il successo) di The Stone, sezione dedicata alla filosofia (su temi quali "il sovrappopolamento e l'etica riproduttiva, Lady Gaga e il femminismo, il movimento del Tea Party e la rabbia politica, il burqa e la dignità umana, Sartre e il ruolo della bruttezza nella filosofia") sul sito del New York Times. 

Secondo l'autore, The Stone ha avuto successo non soltanto perché ha in parte colmato la frattura fra accademia e società, ma anche perché ha portato le persone a scambiare le proprie idee ma soprattutto a cambiare - nel confronto - le proprie opinioni.

Scrive Simon Critchley, filosofo e moderatore di The Stone: "La filosofia è un'attività condivisa, è dialogo. E il dialogo non è un semplice scambio di opinioni, dove io ho la mia fede, le mie idee politiche e il mio Dio, e voi i vostri. Questo è un monologo parallelo. Uno degli scopi del dialogo è mettere alla prova razionalmente le nostre idee in modo tale da poter cambiare parere. Il vero dialogo è cambiare idea. L'aspetto più straordinario dell'accoglienza che ha ricevuto The Stone è stato osservare come i lettori cambiavano idea. E anch'io, grazie al vastissimo, vociante e appassionato pubblico di lettori là fuori, so di aver cambiato idea. Molte volte".

Sicuramente una grande lezione.

giovedì 10 febbraio 2011

Perché i Signorini a stelle e strisce stanno ancora con Obama?

Michelle Obama promossa in eleganza anche per l'Espresso, che dedica spazio ad un'intervista ad una delle più influenti giornaliste di moda del mondo, tale Kate Betts di Forbes, in uscita negli USA con un libro che intesse le lodi del look di Michelle.

Non è facile trovare, tra la cortina di nuvole di fumo e contraddizioni ("è stata intelligente a gestire il suo stile" ma allo stesso tempo "è naturale in tutto quello che fa") sollevata dalla Betts ad ogni risposta, una vera risposta alla domanda "perché tutti sostengono che Michelle Obama è alla moda"; l'unica risposta è che Michelle Obama è alla moda perché i più influenti commentatori dell'universo della moda e della "cultura popolare" hanno deciso, probabilmente in virtù di ciò che la famiglia Obama rappresenta ai loro occhi radical chic (e dell'innata tendenza dei pennivendoli di ogni latitutine a trasformare i potenti in icone), che Michelle Obama deve essere considerata alla moda.

Per capire il successo - anche nell'arena pop - degli Obama, dobbiamo capire cosa gli Obama rappresentano per l'ampio spettro dell'establishment culturale che si estende dal New Yorker fino ai rotocalchi rosa. Per capire l'Italia, dobbiamo capire invece perché i dandy de noantri, i Signorini e gli Sgarbi che pure ammiccano al cachemire di D'Alema e all'arte contemporanea, continuano al contrario a preferire Berlusconi ed il suo seguito di tamarri e bifolchi in cravatta verde.



mercoledì 9 febbraio 2011

Gli e-reader avvicinano i più piccoli alla letteratura?

Secondo il New York Times, i lettori di e-book sono uno dei prodotti più desiderati ed utilizzati dai bambini americani i quali, grazie a questo nuovo supporto in grado di conquistarli, si starebbero addirittura riavvicinando alla lettura. "Per alcune settimane mi sono completamente dimenticata della televisione", ha dichiarato la undicenne Eliana Litos alla ardita Julie Bosman che si è guadagnata così la pagina A1 del New York Times.

Certo l'articolo puzza di montatura anche a migliaia di chilometri di distanza: di certo le aziende produttrici accuramente citate si staranno sfregando le mani in attesa che milioni di genitori corrano a regalare un kindle nella speranza di trasformare i figli iperattivi in posati intellettuali. Allo stesso tempo possiamo anche credere che qualcuno si sia lasciato davvero convincere dall'idea per la quale "bastava avvicinare i più piccoli utilizzando il loro linguaggio", o che il problema stava tutto nel peso o nell'apparenza un pò sfigata e comunque opaca del vecchio libro cartaceo.

Ad ogni modo, ho l'impressione che l'e-reader, più che sedurre davvero i più piccoli, abbia fatto colpo su tanti genitori ipnotizzati dalle lucine e dalle linee accattivanti dell'ultimo feticcio hi tech alla moda al punto da convincersi di avere addirittura tra le mani il passepartout per iniettare nelle loro creaturine un pò di erudizione. Auguri.


martedì 8 febbraio 2011

Donazione di organi e religione: Papa e rabbini ortodossi si tirano fuori

La teoria dei due corpi del re non vale per la Chiesa Cattolica: come riportato dall'UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti), il corpo del Pontefice deve essere conservato integro, come vuole la dottrina della Chiesa, in quanto – ha spiegato l’arcivescovo polacco Zygmunt Zimowski, ‘ministro’ della Sanità della Santa Sede – “nella sua veste di successore di San Pietro e di pastore universale della cattolicità, appartiene in tutto e per tutto alla Chiesa, sia con l’anima che con il corpo, anche in vista di future e possibili venerazioni”.

Un'opinione, oltre che macabra e anti-sociale, vagamente materialista.


Nel frattempo, il tema della donazione di organi è - come riportato da Al Arabiya - al centro del dibattito in Israele dove alcuni rabbini ortodossi, non riconoscendo come valido al concetto di morte cerebrale (e considerando al contrario un soggetto "vivo" finché il cuore continua a battere), stanno conducendo una campagna a sostegno dell'equazione donazione di organi = omicidio.

lunedì 7 febbraio 2011

I musei non sono macchine per far soldi

Vittorio Emiliani, sull'Unità (ripresa da Eddyburg) risponde al mito secondo il quale la cultura si deve finanziare da sola, perché "così fanno già le maggiori istituzioni culturali del mondo", mostrando come - dati alla mano - anche le maggiori istituzioni culturali del mondo siano abbondantemente sovvenzionate dallo stato (per non parlare delle istituzioni minori). Perfino il Louvre, macchina da soldi con tanto di McDonald's all'interno, è in grado di autofinanziarsi solo per poco più di un terzo.

Certo: il mondo della cultura sovvenzionata dallo stato non svetta certo per efficienza e razionalità economica. Allo stesso tempo, le migliaia di musei minori e di raccolte di chincaglierie nate su spinta dei notabilati di provincia contribuiscono effettivamente a drenare risorse preziose (contribuendo però al sostentamento di quei dotti di cui l'Italia ha e avrà bisogno). Possiamo anche accogliere in parte la famosa provocazione di Baricco, ammettendo che è almeno discutibile destinare ingenti risorse a quella cultura puramente elitaria, quale l'Opera, che esiste oggi soprattutto per intrattenere le classi già abbienti a spese dei contribuenti, quando una quota crescente della popolazione langue (beatamente) nell'analfabetismo.

L'idea di trasformare i musei in macchine per far soldi, però, non solo è irrealizzabile: è contro la natura stessa di cultura.

Cultura è tutela della differenza, della diversità, di ciò che non è mainstream: è conservazione faticosa di ciò che non è popolare ma che è (e che sarà) interessante, particolare, arricchente, anche in virtù della sua  capacità di andare oltre il comune. In altre parole: Cultura è proprio ciò che non si riesce a finanziare direttamente da solo.