La bellezza può essere considerata un nuovo diritto? Se lo sono chiesti, sollecitati dal Corriere della Sera ("La bellezza può diventare un diritto?"), diversi studiosi ed intellettuali italiani sollecitati a rispondere all'interessante articolo dell'antropologo Alexander Edmonds pubblicato sul New York Times ("A necessary vanity").
La domanda non è sciocca come potrebbe sembrare: l'arco dei diritti tende naturalmente ad espandersi includendo "diritti" che un tempo sarebbero sembrati assurdi. Sembra ragionevole prevedere che nei prossimi anni questo genere di dibattito non potrà che diventare più urgente: se la chirurgia estetica dovesse diventare veramente diffusa, il mancato accesso a queste misure (per motivi economici) potrebbe veramente tradursi in una sorta di handicap.
Entrando nel merito, tuttavia, affermare che esiste un diritto alla bellezza è estremamente astratto: come definire la "bellezza", e quindi i parametri minimi al di sotto dei quali intervenire? Lasciando la libertà totale agli individui di modificare l'aspetto del proprio corpo a spese dei contribuenti, o al contrario istituendo dei criteri oggettivi finendo quindi per fabbricare individui in serie? In un'epoca di contrazione della spesa pubblica entrambe le prospettive sono assolutamente improbabili; ma la questione sembra meritare una risposta.
E ancora: è giusto legittimare con affermazioni di questo tipo il successo della società dell'apparenza, o è forse il caso di continuare a fare controcultura per combattere ed incrinare la tirannia dell'immagine? Ancora: la chirurgia plastica (perché di questo si tratta) è veramente efficace per il miglioramento dell'autostima, o al contrario la bassa auto-stima si fonda su basi che vanno ben al di là della misura del seno o del numero di rughe?
Edmonds parla da antropologo: riconosce il fatto che, in un determinato contesto sociale, la poca bellezza preclude la mobilità sociale e si configura come un handicap. Ma fra questo e l'affermazione programmatica della bellezza come diritto ce ne passa; e spetta alla politica ed alla filosofia condurre il dibattito per trovare gli antidoti a questo inquietante paradosso.
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