Come spiegare le rivolte a Londra, nelle periferie, nelle banlieu?
Sociologi, progressisti, operatori sociali e critici delle storture del "sistema", sostengono tipicamente che le colpe principali vanno attribuite al sistema sociale, economico e culturale che produce emarginazione, esclusione, frustrazione, "manie" (e realtà) di persecuzione, disagio, vuoto. Inevitabilmente, tutto ciò periodicamente esplode - molto meno frequentemente di quanto le premesse potrebbero far pensare - in periodi di riots disorganizzati e puramente distruttivi.
Controllo, repressione e proclami "moralizzatori", sostengono gli specialisti, sono nel medio e lungo termine inutili: l'unico modo per migliorare la situazione è far leva sulle cause profonde del disagio e cioè sulle cause dell'emarginazione sociale, economica, culturale. Programmi culturali e aggregativi nelle periferie, centralità della scuola e del dopo-scuola, una riorganizzazione dello spazio urbano che eviti abbruttimento e ghettizzazione, programmi di avvio alle professioni, creazione di opportunità reali, piena realizzazione dei diritti di cittadinanza, ascolto e incoraggiamento delle varie forme di espressione, apertura dei gruppi chiusi e messa in rete degli emarginati e degli esclusi, sono le soluzioni normalmente proposte da chi studia e pratica il settore.
Questi programmi appaiono tuttavia, agli occhi dei cittadini, sempre più astratti e ideologici. Un tempo intellettuali, sindacati e partiti riuscivano forse a convincere la popolazione della necessità di programmi di questo tipo; oggi che questi centri di autorevolezza hanno perso ogni capacità di persuasione in primis dei loro stessi iscritti, coloro che adottano le chiavi di lettura ed auspicano i programmi sociali di cui sopra sono bollati senza vergogna come buonisti, come ciarlatani, come irragionevoli, come irresponsabili, come anti-patriottici.
Le cause dei disordini, secondo questa corrente di pensiero, vanno ricercate soprattutto nella "permissività" dei riformatori sociali (vedi ad esempio alla voce "fallimento del multiculturalismo") e nelle pulsioni malvagie di chi commette le violenze, spesso visto come irrecuperabile e refrattario ad ogni programma di rieducazione: la repressione, la militarizzazione, la ricerca dell'omogeneità e delle gated community, i coprifuoco e l'utilizzo massiccio di telecamere di videosorveglianza, l'ulteriore esclusione di questi irrecuperabili dalla società "per bene" (conseguenza indiretta dei tagli al welfare e dallo spostamento delle risorse dai programmi sociali alla repressione), i richiami moralizzatori alla responsabilità individuale e il sogno di un revival delle vecchie strutture sociali sono le risposte ai riots auspicate dai "riduzionisti qualunquisti".
Sfortunatamente, questa seconda posizione è inefficace e porta solo la società ad avvitarsi su sè stessa, fino a soffocarsi da sola. Il problema, quindi, è semplice: come rendere più convincente e popolare la prima posizione?
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