martedì 14 settembre 2010

La deriva islamofobica del Corriere della Sera: E' il turno di Panebianco

Il Corriere della Sera torna a ripercorrere il tema dell'islamofobia, dopo le vette toccate da Giovanni Sartori, con un editoriale firmato da Angelo Panebianco (anche se il ghost writer potrebbe benissimo essere lo stesso). Anche se l'articolo non aggiunge nulla di nuovo, visto che le tesi sono quelle già sentite (soprattutto sugli autobus e nei bar, altre volte come detto sul Corriere della Sera) dell'Occidente con "gli occhi chiusi" di fronte alla conquista dell'Europa da parte dell'Islam radicale, continua a far dispiacere il fatto che un quotidiano presunto "moderato" come il Corriere continui a concedere spazio a celebri professori universitari, e questo è il secondo elemento di dispiacere, che sentono l'urgenza di parlare di argomenti che non conoscono (un politologo non ha certo il dovere di trasformarsi in un esperto di processi migratori; semmai farebbe meglio ad abbassare un pò i toni o a lasciare spazio a chi si dedica a queste cose) finendo per dare sostanza apparente a quell'islamofobia "da uomo della strada" che poi tanto male fa all'integrazione.

Panebianco parte dalla considerazione che, dalle Torri Gemelle ad oggi, l'Occidente (entità politica che tra l'altro non esiste) si è limitato a "contenere" debolmente l'avanzata dell'islam radicale (Iraq, Afghanistan, Somalia) senza affrontare il problema in maniera radicale. Panebianco ragiona all'interno del vecchio paradigma della guerra globale tra Islam e Occidente e lo dice esplicitamente: l'Afghanistan o la Somalia non vanno intesi come scenari distinti con motivazioni e dinamiche differenti ma come campi di un'unica battaglia mondiale tra Bene e Male. Islam e Occidente, infatti, sono per Panebianco entità reali internamente omogenee nonchè naturalmente contrapposte; ed è quindi naturale, partendo da queste premesse sbagliate, interpretare i flussi migratori provenienti dai paesi musulmani come "travasi" di nemici che contaminano la purezza della "squadra" di cui noi occidentali faremmo parte.

E non solo ogni musulmano in Europa è un nemico infiltrato (al massimo una cellula quiescente pronto ad attivarsi a sostegno della guerra santa quando gli viene detto di farlo, cfr. Sartori): secondo Panebianco l'Europa si appresta a diventare a maggioranza musulmana e cioè a perdere la battaglia numerica (un modo di ragionare molto elementare, per un docente universitario). "Qualche risposta, nel caso dell’Europa, ce la dà il combinato disposto di flussi migratori e di tendenze demografiche. Le comunità islamiche sono in grande crescita. Già oggi l’Islam è qui la seconda religione. Inoltre, il differenziale demografico fra musulmani e non musulmani fa sì che entro pochi decenni, se il trend non si invertirà, la maggioranza dei giovani europei, dai vent’anni in giù, sarà di religione musulmana. Uno dei più prestigiosi missionari italiani, padre Piero Gheddo (come riporta Il Foglio, 10 settembre), parla, come già lo storico Bernard Lewis, di un’Europa alle soglie di un grande cambiamento, sul punto di essere fortemente condizionata, nelle sue leggi e nei suoi costumi, dalle pressioni di comunità islamiche in espansione" scrive Panebianco.

Personalmente, da studente dedicato a questi argomenti, mi sento di dare a Panebianco alcune rassicurazioni.

1. I "musulmani" non esistono in quanto gruppo omogeneo, e come tale nessuno è nemico a priori  (magari un "nemico latente", à la Sartori) in quanto musulmano. Afghanistan e Somalia sono conflitti locali e l'internazionalismo che ha base in questi territori è in primo luogo ridicolo (non produce vittime all'estero da anni) nonchè destinato a spegnersi quando questi conflitti locali si risolveranno e la gente potrà tornare a condurre una vita normale. Non esistono e non esisteranno partiti islamici; in altre parole, i "musulmani" sono divisi al loro interno anche più degli "occidentali". Ed i "fanatici" sono una strettissima minoranza.

2. I "musulmani" europei, specie quelli nati e cresciuti in Europa, non fanno più figli degli autoctoni e non sono nemmeno particolarmente religiosi: non ci troviamo di fronte a nessun sorpasso imminente sia perchè non c'è nessun differenziale demografico destinato a durare sia perchè i "musulmani" europei sono in buona parte profondamente laici (atei, per capirci, anche se certo non si definiscono tali). Nel tempo libero (chi riesce ad averlo) preferiscono sicuramente i bar e i centri commerciali ai sermoni dei rari alter ego del pastore Jones.

Per chiudere sul pastore: se uno studioso cosmopolita come Panebianco considera Bin Laden la guida e la vera espressione dei musulmani nel mondo, perchè un povero contadino kashmiro (che di motivi concreti per accumulare rabbia e frustrazione ne ha certo più di Panebianco) agitato da qualche signorotto locale non può essere convinto che il pastore che brucia il Corano è una guida ed una vera espressione del cristianesimo mondiale, prendendosela di conseguenza con i primi cristiani che gli capitano per le mani?

1 commento:

  1. L'articolo di Panebianco è un insulto all'intelligenza, unico spunto interessante è l'accenno alla questione turca.
    La tua chiusura sul paragone tra il pennivendolo ed il contadino kashmiro invece è geniale

    RispondiElimina