UniMondo, entusiasticamente, fa il resoconto del primo vertice internazionale degli "afrodiscendenti", persone che "si identificano (!!!) come discendenti africani" ma che vivono negli altri continenti, organizzato dal carrozzone ONU in Honduras ("Afrodiscendenti: continua la lotta contro il razzismo e per il diritto alla terra"). Verrebbe da dire: una vera chicca per gli inventori di definizioni, un evento irrilevante per il destino dei popoli.
Per quanto mi riguarda, questo nuovo tavolo inconcludente mi sembra - piuttosto che un progresso - l'ennesimo capitolo di quella tendenza epocale a frammentare i gruppi, a creare distinguo, a inventare appartenenze, a istituire e fortificare recinti. Ciascuno ha diritto alla propria identità; ma proprio per questo, credo sarebbe più sensato lasciar perdere questa continua frammentazione per passare a riconoscere gli individui e le grandi aggregazioni (senza "pastrocchi" a improbabili livelli intermedi). La parabola del popolo di Seattle, dei grandi forum dei popoli, delle internazionali, delle reti trasversali e delle battaglie condivise, delle contaminazioni e del meticciato, appare così alla sua fine; al suo posto, l'emergere di piccole lobby, di minuscoli centri di potere, di clan, di kermesse folkloristiche, in ossequio al principio alla moda della tutela delle specificità.
Piccoli recinti folkloristici che fanno bene all'immagine dell'ONU, ma che - a lato pratico - non valgono niente?
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