lunedì 30 maggio 2011

Viaggio attorno alla scena del crimine. Lazarevo, "covo" del boia di Srebrenica

Il New York Times ha spedito un inviato a Lazarevo (A fugitive in their midst? "Ridiculous", Villagers say), tranquillo villaggio di 3.000 abitanti nella Vojvodina serba dove la polizia serba ha appena arrestato il boia di Srebrenica Ratko Mladic, per sentire che si dice da quelle parti. Lo stesso ha fatto il Guardian (Ratko Mladic arrest divides Serbian villagers)

Il sentimento che sembra prevalere a Lazarevo è un mix di fastidio (con punte di sconforto) e rimozione, intervallato da rigurgiti di orgoglio.

In primo luogo il fastidio della popolazione per tutti i riflettori che hanno improvvisamente illuminato il loro angolo di periferia. 

Oltre a disturbare la quotidianità ed il ménage, le frotte di giornalisti che accorrono sulla scena del crimine (a Brembate, ad Avetrana, ad Abbottabad, a Adro o a Lazarevo) fanno svanire la favola su cui si basa l'orgoglio di appartenenza in queste piccole comunità periferiche e cioè il concetto di "paese tranquillo, dove non succede mai niente e dove le strade sono sempre pulite". In questi casi, sembra quasi insinuarsi l'idea per cui vi sia una qualche colpevolezza (o almeno una connivenza) collettiva: gli sguardi che il mondo intero ha focalizzato sui 3.000 villani di Lazarevo deve sembrare - visto da laggiù - carichi di accusa: "ma come, fra di voi viveva un criminale e non ve ne siete accorti o non avete fatto nulla". 

Se molti tra coloro che si sentono travolti da queste accuse abbassano le orecchie, mettono la coda fra le gambe e chiudono gli occhi, altri reagiscono con incredulità e stupore. Ci troviamo di fronte a due forme di quella che gli psicologi chiamano rimozione: la negazione di un problema (o di una colpa). Nel caso di Lazarevo, la rimozione ha assunto anche le sembianze di una teoria del complotto: ecco quindi che chi risponde alle domande dei giornalisti finisce spesso per dire che Mladic non ha mai vissuto lì, ma è stato portato dalla polizia serba che ha voluto mettere in scena in questo modo la cattura.

Ma c'è dell'altro. Spesso, quando le comunità periferiche coese si sentono puntati addosso gli sguardi carichi di accusa (o almeno di sospetto) del mondo, reagiscono affermando come valore positivo ciò che gli altri gli rinfacciano. "Ok, voi (sporchi moralisti e imperialisti metropolitani) pensate che noi abbiamo nascosto Mladic. E se così fosse? Per noi, peones di Lazarevo, Mladic è un eroe nazionale". E' così che la periferia alza la testa e si rivolta contro il centro, rovesciandone le argomentazioni.

Che è un po' anche la forza, a diverse latitudini, dei movimenti periferici quali - in Afghanistan - quello dei talebani o - in Italia -della Lega Nord.

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