giovedì 14 aprile 2011

I trucchi del commercio imperialista [Louis-Ferdinand Céline, 1932]

Africa francofona, anno 1920 circa. Una famiglia di nativi entra nel "minimarket" di una grande stazione coloniale, gestito da europei, per vendere un piccolo carico di caucciù raccolto nella foresta. (tratto da "Viaggio al termine della notte" di Louis-Ferdinand Céline, 1932 - tr. it. di Ernesto Ferrero).
Mentre eravamo lì, una famiglia di raccoglitori, timida, viene a piantarsi sulla soglia della sua porta. Il padre, davanti agli altri, grinzoso, cinto da un piccolo perizoma arancione, il lungo machete appeso al braccio. Non osava entrare il selvaggio. Eppure uno dei commessi lo incitava: "Vieni musulmano! Vieni a vedere qui" Mica li mangiamo i selvaggi!" 'Sto linguaggio finì per deciderli. Penetrarono nella baita bollente in fondo alla quale strepitava il nostro uomo.
Il nero non aveva ancora, pareva, visto mai un negozio, e bianchi forse nemmeno. Una delle sue donne lo seguiva, occhi bassi, portando in cima alla testa, in equilibrio, il grosso paniere pieno di caucciù greggio. 
D'autorità i commessi s'impadronirono della cesta per pesare il contenuto sulla bilancia. Il selvaggio non capiva il trucco della bilancia più del resto. La donna non osava sempre alzare la testa. Gli altri negri della famiglia attendevano fuori, gli occhi bene spalancati. Li fecero entrare anche loro, bambini compresi e tutto, perché non si perdessero niente dello spettacolo. 
Era la prima volta che venivano così tutti insieme dalla foresta, verso i bianchi in città. Avevano dovuto metterci un bel po' tutti quanti per raccogliere tutto quel caucciù lì. Allora per forza il risultato interessava a tutti. E' lungo da far gocciolare il caucciù nelle piccole ciotole che s'attaccano ai tronchi degli alberi. Spesso, non riesci a riempirne un bicchierino in due mesi.
Fatta la pesa, il nostro grattatore trascinò il padre, sbalordito, dietro il banco e con una matita gli fece i conti e poi gli chiuse nell'incavo della mano qualche moneta in argendo. E poi: "Vattene! gli ha detto a 'sto modo. E' quel che ti viene!..."
Tutti gli amichetti bianchi si torcevano dallo scherzo, tanto lui aveva condotto bene il suo business. Il negro restava piantato mogio mogio davanti al banco con la piccola mutanda arancione intorno al sesso. 
"Te, non sapete cosa sono soldi? Selvaggio allora? l'ha apostrofato come per svegliarlo uno dei commessi abituato a sbrogliarsela e ben allenato senza dubbio a queste transazioni perentorie. Tu non parlare fransé di'? Tu essere ancora gorilla eh?... Tu non parlare insomma eh? Kus Kus? Mabillia? Tu coglione? Bushman! Coglione completo!"
Ma restava davanti a noi il selvaggio la mano rinchiusa sui suoi pezzi. Sarebbe scappato se avesse avuto il coraggio, ma non osava. 
"Tu comperato allora cosa con tua grana?" intervenno opportunamente il proprietario. Ho mai visto uno stronzo come lui a ogni modo da un sacco di tempo, volle specificare. Deve venire da lontano quello! Cos'è che vuoi? Dammi la tua grana!"
S'è ripreso i soldi d'autorità e al posto delle monete gli ha stropicciato nell'incavo della mano un grande fazzoletto verdissimo che era andato abilmente a prelevare in un anfratto del banco.
Il padre negro esitava ad andarsene col fazzoletto. Il proprietario fece allora anche di meglio. Conosceva davvero tutti i trucchi del commercio imperialista. Agitando davanti agli occhi di uno dei piccoli neri bambini quel gran pezzo di cotonina verde: "Lo trovi mica bello di' gorbetto? Ne ha visti molti così di' piccolina bella, dimmi carognetta, dimmi salsicciotto, di fazzoletti?" E glielo ha annodato al collo d'autorità, tanto per vestirla. 
La famiglia selvaggia contemplava adesso il piccolo adorno di questa gran cosa di cotonina verde... C'era più niente da fare perché il fazzoletto era già entrato in famiglia. Non restava che accettare, prendere e andare.
Si misero dunque tutti a rinculare lentamente, superarono la porta, e nel momento in cui padre si girava, da ultimo, per dire qualcosa, il commesso più scaltrito che aveva le scarpe lo stimolò, il padre, con un gran calcio in pieno culo.
Tutta la piccola tribù, raggruppata, silenziosa, dall'altro lato di avenue Faidherbe, sotto le magnolie, ci guardava finire l'aperitivo. Si sarebbe detto che cercavano di capire quel che gli era appena capitato.

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