mercoledì 9 marzo 2011

Dai nonluoghi alle aerotropoli, passando per la realtà

Federico Rampini dedica un articolo (talmente denso di notizie, nomi, citazioni, luoghi ed altri elementi superficiali da risultare quasi illeggibile ed allo stesso tempo poco cogente) alle "Aerotropoli", e cioè - in parole povere - all'evoluzione dei grandi scali aeroportuali internazionali che, nel tentativo di contendersi un flusso crescente di "pendolari globali" e di viaggiatori sulle lunghe distanze, si stanno trasformando sempre più in megalopoli globali in scala dotate di tutto trasformandosi in luoghi sempre più centrali. Vale la pena di rileggersi Augé.
Da spazi anonimi, "tecnici", freddi, cultureless, questi nonluoghi sembrano trasformarsi sempre più in enclave, in cittadelle di una cultura globale e reale che trascende i confini dello spazio senza indebolirsi e senza sfilacciarsi. Tutto il resto è periferia: anche le vecchie città sembrano scomparire, rese inutili e marginali, quasi una scoria, mentre l'economia e le mode saltano di aeroporto in aeroporto, di cittadella finanziaria in cittadella finanziaria, di McDonald's in McDonald's... 

Ma c'è un ma. Come rilevato da Rowan Moore sull'Observer, "despite all this historic futurology, there seem to be quite a lot of boring old cities around still doing reasonably well". Attorno a questi nonluoghi ed al sensazionalismo futurista che li circonda, attorno agli uomini con la valigia ed ai miliardari globali sradicati, le relazioni ed i luoghi sopravvivono: sopravvivono i bar sottocasa, i ristoranti attivi da un secolo, i quartieri dormitorio, le stazioni balneari dove si ritrovano ogni anno le stesse persone, le associazioni di volontariato, le compagnie di teppistelli, gli aperitivi, le confraternite e le sette religiose. 

I luoghi, silenziosamente, vincono sui nonluoghi; ed in gran parte dei casi, i nonluoghi sono una parentesi funzionale alle relazioni ed ai luoghi.

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