Cesare Del Frate traduce per FiloPop un bell'articolo del mitico Stuart Hall per la New Left Review (del 1995), in cui il sociologo riflette a modo suo sull'identità, ed in particolare sull'identità caraibica. In un modo o nell'altro, "siamo tutti caraibici".
"L’identità ha sempre a che fare con la produzione, nel futuro, di un resoconto del passato, il che vale a dire che è sempre questione di narrazione, riguarda le storie che la cultura racconta a se stessa circa chi siamo e da dove veniamo. (...) L’identità non è soltanto una storia, una narrazione su di noi che raccontiamo a noi stessi, è qualcosa che muta con le circostanze storiche. L’identità cambia a seconda di come riflettiamo su queste circostanze, e di come ne facciamo esperienza. Lungi dal derivare unicamente dalla verità dentro di noi, le identità provengono da fuori, sono il modo in cui veniamo riconosciuti e quindi giungiamo a porci nel luogo definito dal riconoscimento altrui. (...) L’identità caraibica è vecchia o nuova? Si tratta di un’antica cultura preservata e custodita? O è qualcosa di prodotto oggi dal nulla? Ovviamente non è nulla di tutto ciò. L’identità culturale è costruita tramite elementi non scritti quali esperienze storiche, tradizioni, linguaggi perduti o marginali, esperienze di esclusione. Queste sono le radici dell’identità. Allo stesso tempo, l’identità non è semplice riscoperta delle radici, ma ciò che queste, utilizzate come risorse, consentono alle persone di produrre. L’identità non è da riscoprire nel passato, ma da costruire per il futuro." (Stuart Hall)
Rieccheggiano le tematiche di un altro classico, che sto leggento in questi giorni e che consiglio parimenti: "Pelle nera, maschere bianche", di Frantz Fanon, ancora in offerta a 5,68 euro su Ibs.
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