[Il Pensiero Selvaggio per Filopop]
Domenica, la Lazio ha lasciato che l’Inter la sconfiggesse pur di non far vincere lo scudetto ai rivali della Roma. Oggi, i moralisti e le anime candide della domenica si strappano le vesti di fronte a questo atto che definiscono illecito e “anti-sportivo”.
Peccato che molti di coloro che oggi si indignano non siano tifosi romanisti, gli unici ad essere stati effettivamente penalizzati, bensì tifosi juventini, milanisti, napoletani, arrabbiati perchè anche quest’anno lo scudetto verrà vinto dagli arcinemici dell’Inter. E a questo punto sorge una domanda: è più antisportivo il tifoso della Lazio che tifa Inter affinché la Roma non vinca lo scudetto, o il tifoso del Milan che tifa Lazio affinché l’Inter non vinca lo scudetto (nascondendosi dietro la scusa dello "spirito sportivo")?
Lo sport si regge sul tifo, sulla fazione, sulla passione e sul senso di appartenenza. La “sportività” è una sovrastruttura, è un’architettura retorica che serve a dare una cornice di ordine e di nobiltà a quello che non è altro che un conflitto, molto rituale e un pò sublimato, tra fazioni. E il mondo del calcio non è fatto di esteti, di filantropi, di gente onesta e oggettiva: è fatto di gruppi disomogenei di individui che desiderano la vittoria dei propri beniamini e la sconfitta dei propri nemici. Gli stadi, i giornali e le trasmissioni sportive non hanno successo grazie alla gente che crede genuinamente nel “vinca il migliore”: hanno successo perchè la gente, oggi più che mai, ha bisogno di avere qualcosa da sostenere ciecamente con altri e in contrapposizione a qualcuno (sia essa anche solo una squadra di pallone).
L’atteggiamento dei tifosi della Lazio, che hanno tifato per la squadra avversaria pur di non far vincere la Roma, e l’atteggiamento dei giocatori della Lazio che si sono – chi più chi meno – lasciati intimidire, è sicuramente fastidioso; ma lo è solo perchè mette in scacco la retorica messa in piedi da chi vuole ammantare di buoni principi e di “spirito olimpico” un mondo, quello dello sport, che da sempre ha come unica divinità il risultato.
È perfettamente naturale preferire, laddove non si può vincere, che a prevalere non sia il nostro arcinemico: è scritto nella logica della contrapposizione tra gruppi e tra fazioni.
Che squalifichino per qualche giornata la curva laziale: la retorica su cui lo sport si regge, oggi, ha bisogno più che mai della nostra indignazione. Ma non crediamoci troppo: non c’è nulla di più profondamente e genuinamente “sportivo” del comportamento dei tifosi laziali e dei giocatori che, umanamente, si sono lasciati intimidire.
Domenica, la Lazio ha lasciato che l’Inter la sconfiggesse pur di non far vincere lo scudetto ai rivali della Roma. Oggi, i moralisti e le anime candide della domenica si strappano le vesti di fronte a questo atto che definiscono illecito e “anti-sportivo”.
Peccato che molti di coloro che oggi si indignano non siano tifosi romanisti, gli unici ad essere stati effettivamente penalizzati, bensì tifosi juventini, milanisti, napoletani, arrabbiati perchè anche quest’anno lo scudetto verrà vinto dagli arcinemici dell’Inter. E a questo punto sorge una domanda: è più antisportivo il tifoso della Lazio che tifa Inter affinché la Roma non vinca lo scudetto, o il tifoso del Milan che tifa Lazio affinché l’Inter non vinca lo scudetto (nascondendosi dietro la scusa dello "spirito sportivo")?
Lo sport si regge sul tifo, sulla fazione, sulla passione e sul senso di appartenenza. La “sportività” è una sovrastruttura, è un’architettura retorica che serve a dare una cornice di ordine e di nobiltà a quello che non è altro che un conflitto, molto rituale e un pò sublimato, tra fazioni. E il mondo del calcio non è fatto di esteti, di filantropi, di gente onesta e oggettiva: è fatto di gruppi disomogenei di individui che desiderano la vittoria dei propri beniamini e la sconfitta dei propri nemici. Gli stadi, i giornali e le trasmissioni sportive non hanno successo grazie alla gente che crede genuinamente nel “vinca il migliore”: hanno successo perchè la gente, oggi più che mai, ha bisogno di avere qualcosa da sostenere ciecamente con altri e in contrapposizione a qualcuno (sia essa anche solo una squadra di pallone).
L’atteggiamento dei tifosi della Lazio, che hanno tifato per la squadra avversaria pur di non far vincere la Roma, e l’atteggiamento dei giocatori della Lazio che si sono – chi più chi meno – lasciati intimidire, è sicuramente fastidioso; ma lo è solo perchè mette in scacco la retorica messa in piedi da chi vuole ammantare di buoni principi e di “spirito olimpico” un mondo, quello dello sport, che da sempre ha come unica divinità il risultato.
È perfettamente naturale preferire, laddove non si può vincere, che a prevalere non sia il nostro arcinemico: è scritto nella logica della contrapposizione tra gruppi e tra fazioni.
Che squalifichino per qualche giornata la curva laziale: la retorica su cui lo sport si regge, oggi, ha bisogno più che mai della nostra indignazione. Ma non crediamoci troppo: non c’è nulla di più profondamente e genuinamente “sportivo” del comportamento dei tifosi laziali e dei giocatori che, umanamente, si sono lasciati intimidire.
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