Avete presente la retorica del federalismo, del "vogliamo che la politica sia più vicina alla gente, più vicina ai problemi, più vicina alla quotidianità"? Siamo un paese che scivola pian piano verso il pieno federalismo: non si tratta di un dicorso marginale. Nè, necessariamente sbagliato.
Poi, però, arrivano le elezioni regionali. E la campagna elettorale, o meglio quel poco che ne rimane, su cosa si gioca? Su beghe e su temi nazionali.
E il federalismo, la retorica della "politica vicina alla gente"? Non è che, dopo aver fatto l'Italia federale, bisognerà fare gli italiani federali?
Quale è la dimensione del nostro modo di pensare?
Le elezioni comunali in qualche modo ci coinvolgono: lì si parla veramente di strade, di parchi, di attività produttive. Certo questa politica della quotidianità si declina sulla base delle identità partitiche nazionali; ma i candidati sul territorio esistono. Lo stesso per le elezioni nazionali, che hanno a che fare con i grandi temi: le riforme, le guerre, le politiche economiche, le grandi star della politica italiana.
Ciò che sta in mezzo (regionali e provinciali) e ciò che va oltre la nazione (europee), al contrario, ci appare distante e confuso. Ci mancano i termini di riferimento: chi è davvero il candidato? Quali sono le questioni di sua competenza? Quale è stata la politica della precedente giunta regionale o provinciale?
E così queste campagne si giocano su temi nazionali. Alla faccia del federalismo e della localizzazione del potere e della politica.
E' come se non avessimo gli strumenti prima di tutto cognitivi per gestire tutti questi livelli. O la conoscenza delle star nazionali, televisive o della blogsfera, o quella faccia a faccia del vicino di casa che si candida da consigliere. O i grandi temi generali, o i temi micro del marciapiede fuori casa. La dimensione intermedia esce dai nostri schemi, e non sappiamo come gestirla. Non ne abbiamo nemmeno i mezzi: il nostro modo di informarci, di impegnarci, di interessarci, è nazionale o locale. Vale anche per i federalisti convinti, non pensate.
I livelli intermedi non sono altro che i livelli opachi dei potentati e dei notabilati locali. Non ci interessano, non rientrano negli schemi mediatici nè nel nostro modo di intendere le cose. Non siamo abituati. Sfuggono al nostro controllo, e anche al controllo mediatico. I telegiornali, ad esempio, sono nazionali o locali: i pochi regionali non sono altro che una sequela di fatti di cronaca slegati. La politica regionale non ha ancora nemmeno una sua rappresentazione mediatica.
Per far funzionare il federalismo, forse, dovremmo cominciare a ragionare, a informarci e a produrre informazione anche in termini regionali. Uno sforzo consistente: ne varrà la pena?
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