Viviamo immersi in un clima che accentua la diffidenza; ma questa diffidenza porta gli individui più soli e più deboli a una credulità spesso potenzialmente letale.
Da un lato le routine ci obbligano a condividere situazioni con persone spesso sconosciute: nelle metropolitane, nei negozi, nelle scuole, nella pubblica amministrazione, siamo sempre a contatto con persone con le quali non abbiamo e non avremo relazione alcuna, ma dalle quali in parte dipendiamo. Dall'altro lato, le rappresentazioni non fanno che accentuare la sensazione di insicurezza: la televisione, i giornali, i racconti tra conoscenti, fanno molto spesso riferimento a truffe, a furti, a stupri e ad una crescente insicurezza.
La quotidianità ci butta in mezzo a persone sconosciute e accresce insicurezza e diffidenza.
Chi è quella persona che passeggia fuori dal portone di casa? Quel ragazzo seduto su un gradino sta spacciando droga? La bilancia su cui quella commessa brufolosa pesa l'affettato è tarata in maniera onesta? Il tale assessore opera davvero in maniera onesta? Quell'abito è realmente confezionato in Toscana?
La nostra risposta è spesso coerente con il clima di diffidenza: la persona che passeggia è un perditempo o un criminale, quel ragazzo seduto spaccia droga, e via di questo passo. Se la cronaca ci mostra che il clima generale è questo, infatti, la nostra esperienza spesso si adegua: un caso negativo pesa, sulla nostra bilancia interna, più di mille episodi in cui tutto è andato - almeno per ciò che ne sappiamo - al meglio.
Se l'atteggiamento nei confronti dell'altro è generalmente negativo, almeno quando ci poniamo consapevolmente il problema (il che, per fortuna, avviene in pochissimi casi), due sono gli elementi che al contrario possono generare un minimo di fiducia.
Primo: la conoscenza diretta e in generale una socialità ben sviluppata. Quando conosciamo una persona abbiamo una maggiore propensione a fidarci, e chi conosce molte persone è spesso meglio in grado di contrastare almeno quelle rappresentazioni che vorrebbero "il male" ovunque. L'essere inseriti in molte relazioni in cui circola fiducia tende spesso a farci vedere le cose da un'angolazione più positiva, e ad essere più aperti verso il prossimo.Chi ha a che fare con le persone sa che può aspettarsi di tutto ed è più pronta a relazionarsi senza pregiudiziali.
Chi ha poca conoscenze, al contrario, non ha spesso nemmeno questo freno. Pensiamo agli anziani, che vivono spesso nell'isolamento, sono maestri di cinismo e votano Lega Nord. O pensiamo, in qualche modo, ai bambini, che vivono in gran parte solo all'interno delle rappresentazioni allarmistiche della televisione e dei genitori (non ti allontanare! attento agli zingari! quel bambino è cattivo!) e che hanno spesso pochi spazi per una socialità maggiormente libera e variegata. Quando l'isolamento si unisce alla sensazione di debolezza, la diffidenza non può che essere massima.
La solitudine, quindi, genera diffidenza. Ma la cosa non si ferma quì.
Quanti anziani vengono truffati perchè aprono la porta a sconosciuti rassicuranti? Quanti finiscono nelle mani di maghi, guaritori, santoni? Quante persone si fanno truffare sulla rete, o vengono raggirate in relazioni virtuali in cui si buttano anima e corpo?
Spesso ad essere truffate sono proprio le persone più ciniche e diffidenti.
La cosa non deve stupire.
Il cinismo e la solitudine generano diffidenza, e la diffidenza accresce cinismo e solitudine.
Fino al giorno in cui, consumato dalla solitudine, senti di poter dare tutta la tua fiducia a una persona che trovi rassicurante, distinta, per bene; che pensi che ti possa comprendere, che ti possa ravvivare la giornata, che possa avere bisogno del tuo aiuto.
Ed è così che la spirale solitudine e diffidenza si spezza nella tragedia della credulità.
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