sabato 26 dicembre 2009

Saggio/ La Servitù diffusa e il Deficit Repubblicano

In un recente post, il bel blog Femminismo a Sud denuncia il sessismo latente nella nuova pubblicità di Alitalia. La critica, assolutamente condivisibile, è dovuta al fatto che, di fronte alla «disponibilità, al sorriso, alla subordinazione e all'atteggiamento da geisha» tenuto dalla hostess, il protagonista ha il coraggio di rimpiangere il fatto che la moglie, a casa, non si comporti esattamente così.

Riguardando lo spot, mi è risultato però inevitabile andare oltre. Quanto risulta odioso, indipendentemente dalla variabile di genere, l'atteggiamento del protagonista che gode nel pretendere dalla hostess (con un atteggiamento vagamente arrogante) del cibo, qualcosa da bere, una copertina ed il "cuscino morbido", per poi sorridere compiaciuto dei servigi ottenuti?


Certo, il passeggero non si può certo alzare per servirsi da solo, ed ha in qualche modo diritto a questi stessi servizi avendoli tra l'altro pagati profumatamente. Ma il compiacimento e la leggerezza con il quale il passeggero si procura della servitù e dispensa ordini, è a dir poco irritante.

La servitù, cioè quella pratica per il quale alcune persone si arrogano il diritto di essere servite e riverite dagli altri soprattutto sulla base di un rapporto di forza, non è scomparsa: semplicemente, si è spalmata e si è "democratizzata". I servi ed i padroni non sono scomparsi: semplicemente, il diritto ad avere un servo da tiranneggiare è diventato in qualche modo popolare.

Abolendo la servitù come istituzione, siamo semplicemente passati a un sistema "a servitù diffusa". Tutti, oggi, hanno diritto ad avere un servo: una badante, un cameriere, una commessa, un benzinaio, l'addetto di un centro assistenza, l'animatore del villaggio vacanze, il facchino dell'hotel a tre stelle. E tutti, in un modo nell'altro, sembrano godere di questo supposto diritto: spesso non c'è nessun imbarazzo né nessuna empatia con il servo; nessuna volontà di fare da sè, di collaborare, di pesare il meno possibile o, almeno, di ringraziare.

Al contrario, esiste una tendenza nel considerare tutto devuto, nell'allargarsi e nel calcare la mano; non solo, il cliente pretende dal barista il sorriso, il proprietario pretende che la commessa abbia a cuore il bene dell'azienda, l'anziano pretende che la badante si affezioni a lui e che ringrazi quando, ad esempio, le viene concessa una mezza giornata libera (non è un diritto, ma un beneficio concesso paternalisticamente).

Molte volte, addirittura le stesse relazioni famigliari si basano su sottili rapporti circolari di servitù che funzionano perchè danno a entrambi l'impressione di sfruttare (o meglio di "ottenere tanto") l'altro. Prendiamo la "coppia tradizionale": l'uomo utilizza la donna come un mix di colf e di sex worker, la donna "sfrutta" l'uomo che porta a casa il pane, la deresponsabilizza e le garantisce anche un certo riconoscimento sociale (la "Signora -"). Ed infine, a suggellare tutto, l'uomo porta la donna "a cena fuori" dandole la possibilità di "fare la signora" e riequilibrando la relazione attraverso un servilismo rituale simulato, ad esempio pagando il conto o aprendo per lei la porta del locale. Qualcosa del genere si verifica, seppure sotto altre forme, nelle relazioni figlio-genitore.

La schiavitù come istituzione è stata abolita, ma gli atteggiamenti di fondo non sono cambiati. Amiamo ancora essere serviti e riveriti: forse ciò ci da l'impressione di avere un certo potere, forse ciò ci da l'impressione di essere apprezzati, forse semplicemente abbiamo bisogno di sfogarci su altri per le tante umiliazioni subite.

In un modo o nell'altro, la Repubblica sembra ancora estremamente lontana. Sarebbe bello, se bastasse soltanto decapitare.

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