mercoledì 18 novembre 2009

Telenovelas in India: Dietro le quinte del "progresso" sociale

«Fin dagli anni '70 la brasiliana Rede Globo manda in onda delle telenovelas che vengono seguite a volte da più di 80 milioni di persone. Sono storie che non rispecchiano la quotidianità delle donne brasiliane come "Desperate Housewives" non rispecchia lo stile di vita dipico dei quartieri residenziali statunitensi.

In un paese come il Brasile, dove il divorzio è stato legalizzato solo nel 1977, quasi un quinto dei personaggi femminili di Rede Globo è divorziato e circa un quarto è infedele. Inoltre, il 72% non ha figli e solo il 7% ne ha più di uno. Nel 1970, invece, le donne brasiliane avevano in media 6 figli.

Ma le telenovelas hanno decisamente conquistato i telespettatori.
In alcune zone del paese tutte le donne, soprattutto quelle più povere, hanno iniziato ad avere meno bambini. Guardare Rede Globo aveva lo stesso effetto sulla fertilità che due anni d'istruzione in più. Il merito non era delle pubblicità, visto che gli spot sulla contraccezione erano vietati. Anche se da parte del governo non c'era nessuna politica di controllo demografico, la rappresentazione plausibile di personaggi femminili che avevano pochi figli è stata, a quanto pare, un messaggio importante che ha avuto conseguenze sociali.

Nelle aree rurali del'India la tv potrebbe avere un effetto perfino maggiore sulla fertilità. Come in Brasile, la programmazione popolare in India include soap opera che si concentrano sulla vita quotidiana di tutti i giorni. Molti personaggi femminili protagonisti di queste serie lavorano fuori casa, dirigono delle imprese e gestiscono molto denaro. Inoltre sono generalmente ben istruiti e hanno pochi figli. Questi modelli si sono rivelati estremamente efficaci: una ricerca (1) ha rivelato che offrendo a un villaggio sperduto l'accesso alla tv si otteneva sul tasso di fertilità lo stesso effetto prodotto da 5 anni di scolarizzazione in più per le ragazze» (2).

Questo stralcio di articolo mostra bene come anche i fenomeni apparentemente più naturali, individuali, materialisticamente interpretabili, siano in realtà fenomeni fortemente influenzati dalle rappresentazioni.

Capire la provenienza e la genesi di questa rappresentazione è impresa ardua. Queste rappresentazioni non sono costruite a tavolino da una mente consapevole sulla base di un progetto sociale, culturale, politico. Nascono, di fatto, quasi per caso. Eppure, queste rappresentazioni cambiano il mondo nella maniera più profonda possibile, e cioè cambiando la vita e la mente di ciascuno di noi.

Torniamo in India. A quel gruppo di autori che ha influenzato, attraverso le proprie sceneggiature, la vita di migliaia di persone.

Proviamo a immaginare la vita e il lavoro di questi autori. Individui istruiti, menti aperte che vivono nelle metropoli, viaggiano, leggono e consumano cultura cosmopolita. Che frequentano i locali, leggono le riviste, guardano i film, respirano a tempo col mondo.

Queste persone si siedono davanti a un computer. Devono scrivere qualcosa che interessi alle persone: cosa c'è di meglio dei rapporti tra le persone? Nulla attira le persone più dei rapporti interpersonali e delle storie di vita: tutti gli individui, a qualsiasi latitudine, hanno delle sensazioni e vivono circondati dalle persone. E nessuno, di fronte a sensazioni e a persone, è mai sicuro: ogni storia è un pretesto per riflettere, per ipotizzare, per apprendere, per specchiarsi. Cosa avrei fatto io al suo posto? E questa persona, che è così diversa da me, in base a quale logica sceglie e pensa? E' felice? Perchè? La fiction è una palestra e una università esistenziale con programmi messi insieme a caso. Il soggetto è scelto: storie di persone. Poi gli autori indiani cominciano a scrivere. Se tutte le persone vivono sentimenti e relazioni, perchè dovrebbero incollarsi tutti i giorni davanti alla televisione per osservare le nostre storie di persone? Le storie così assumono tratti iperbolici: grandi sensazioni, grandi amori e grandi odi, grandi ambizioni e grandi delusioni. La verosimiglianza non viene meno: alla base c'è sempre la sensazione e la relazione. Ogni sensazione, in fondo, è per chi la vive assoluta. Solo la fiction tratta tutto ciò con la lente di ingrandimento, per facilitare la visione. L'immagine è la stessa, solo ingrandita per facilitare lo spettatore. Ciò che sta attorno alla sensazione e alla relazione serve solo a giustificare l'attenzione e a offrire maggiori opportunità narrative.

Lo stesso vale per l'ambientazione e per lo stile. Gli autori indiani sono prima di tutto uomini, che vedono le cose con la loro mente. Sanno che l'India profonda è diversa da loro, creativi cosmopoliti. E cercano di mediare: da una parte non possono annullarsi, nè sprecare i tanti spunti che le mille luci del villaggio globale che padroneggiano gli offre. Non possono esagerare, non possono correre troppo; ma inevitabilmente vanno oltre le forme mentis della casalinga indiana. Un pò per progressismo, un pò per egocentrismo e mancanza di relativismo, un pò inconsapevolmente, un pò per avere qualcosa di più da raccontare.

Poi la serie funziona. O, al contrario, si ammoscia. In entrambe i casi, la soluzione è una sola: aggiungere dettagli, colpi di scena, episodi. La storia si complica, si attorciglia. Le coppie si sfasciano, si riuniscono, si intrecciano, danno luogo a ogni possibile incrocio. I divorzi si affastellano, le rivalità si ammucchiano, le famiglie si balcanizzano. La telenovela macina una serie dopo l'altra. Gli autori si fanno notare. Qualcuno si guadagna una scrittura per la sceneggiatura di un film d'autore, qualcun altro porta la fidanzata a Londra. Gli ascolti crescono, e gli autori comprano la loro prima automobile europea. Si imbucano alle feste, poi cominciano ad essere invitati. Realizzano i loro sogni individuali.E tutto ciò modifica i percorsi di vita di migliaia di donne indiane.


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(1) L'articolo scientifico (in inglese) è The Power of Tv: Cable Television and Women's Status in India, Robert Jensen e Emily Oster, http://ww.infopeace.org/pub/Jensen_w13305.pdf . Nell'articolo si fa riferimento a miglioramenti di status di portata più generale.
(2) Il brano è tratto da La rivoluzione in una scatola, Charles Kenny, Foreign Policy (traduzione italiana su Internazionale del 13 Novembre 2009)

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