lunedì 28 marzo 2011

Concretezza, coraggio, ideali? Geert Wilders (e la Santanchè) come falsi supereroi contemporanei

La fondazione Magna Carta, aspirante think tank della destra liberale italiana presieduto dal senatore PdL Gaetano Quagliariello, ha invitato per la lettura annuale Geert Wilders, popolare politico olandese, paladino dell'estrema destra xenofoba europea e gran maestro dell'islamofobia da salotto contemporanea. 

L'Occidentale ha riassunto il discorso di Wilders (dedicato a fallimento del multiculturalismo e rivoluzioni nel mondo arabo) con una lunga intervista utile come base per decostruire la retorica di Geert Wilders e dei suoi tanti cloni, e cioè dei tanti teppisti in pantaloni di velluto che si aggirano per l'Italia (a partire dal suo corrispettivo italiano vivente, Daniela Santanchè) sventolando sguaiatamente la bandiera dell'intolleranza ed ostacolando la civile convivenza e la risoluzione dei problemi. Se il pensiero di Wilders non vi è familiare, l'intervista è un buon riassunto.

Il successo di Wilders (e di Daniela Santanchè) si basa sulla sua capacità di accreditarsi agli occhi di ampi strati popolari come moderni supereroi popolari.
Il super eroe è un umano potenziato che funziona da protesi del popolo: familiare ma superiore, il supereroe è colui che mette le sue facoltà straordinarie al servizio degli umili cui dedica la propria opera. Il super eroe (a vario titolo Zorro, Hitler, l'Uomo Ragno, Geert Wilders) è come noi, ma allo stesso tempo è oltre noi: riesce ad arrivare dove i comuni cittadini non possono arrivare, e si arroga la funzione di aggiustare il mondo lasciandoci comodamente seduti sul nostro divano - senza nemmeno chiedere nulla in cambio.

Anche se il bisogno di supereroi è antico quanto l'uomo, in un'epoca - come l'attuale - di paure, di immobilismo, di tecnocrazie, di disillusione, di cricche, di caste, di decadenza, di diffidenza, di complessità e di impotenza, il bisogno di qualcuno che appaia come un supereroe è disperato. Le destre populiste che sfruttano il registro della xenofobia nascono proprio per rispondere a questo inquieto bisogno.

La retorica (ma anche l'aspetto ed il modo di fare) di Geert Wilders e di Daniela Santanchè, rende questi personaggi simili ai supereroi in quanto esseri che sono più di noi e che accettano di combattere per noi. Così come la retorica del supereroe, la retorica di Wilders e Santanchè ruota attorno a tre elementi chiave: la concretezza, il coraggio, i grandi ideali: per togliere il trucco a Wilders e Santanchè è necessario partire da un'analisi della loro immagine così come costruita.

Prima di tutto Geert Wilders è concreto: in un contesto di generale urgenza e di confusione, Wilders offre ricette semplici e dirette che mirano al cuore della questione. Wilders ama rappresentarsi come un radicale senza peli sulla lingua, e come l'uomo delle soluzioni concrete e del realismo: i suoi teoremi sono tagliati con l'accetta, ma proprio per questo scivolano nella mente senza incontrare ostacoli apparendo come straordinariamente efficaci. Se i programmi dei partiti di sinistra sono proverbialmente lunghi e contraddittori, le sue soluzioni sono apparentemente semplici, nette: cancellazione dell'Islam, riscoperta della nostra identità e della nostra cultura, fratellanza tra simili, ordine, patria e famiglia - qualsiasi cosa tutto ciò possa voler dire

In secondo luogo, Geert Wilders ama rappresentarsi come coraggioso, come bellicoso, come senza paura. Wilders è un crociato, un guerriero, un bullo di periferia, un paladino: è perseguitato ed è minacciato da nemici giurati perché ha rialzato la testa. Ma questa guerra non è una guerra personale tra Wilders e i suoi simili (solo barbuti) che lo avrebbero minacciato per le sue provocazioni: siamo anche noi in guerra, perché la guerra è tra noi e loro. E Wilders è colui che combatte - e in un certo senso si immola - per noi, per dire senza paura ciò che tutti noi pensiamo e dobbiamo pensare, ma che spesso non abbiamo il coraggio di dire.

Infine, Geert Wilders è il custode dei grandi ideali. Wilders è portavoce del popolo, della maggioranza silenziosa, ma è anche un portavoce dei grandi ideali della "tradizione giudaico-cristiana": la sua missione  non è la difesa di un privilegio o di una posizione, ma è la difesa della libertà - a partire dalla libertà meno concreta e meno quotidiana, anche per questo ancora più ammantata di nobiltà, e cioè la libertà di parola. Addirittura George Orwell, nell'intervista, finisce nel frullatore della sua retorica.
Ma ci sono alcuni problemi. Per prima cosa, Geert Wilders e Daniela Santanchè non sono concreti: le loro letture sono ipersemplificatorie, paranoiche e fumose, e le soluzioni proposte sono - oltre che inconsistenti e confuse - controproducenti perché alimentano un conflitto che non esiste, se non in misura residuale, senza risolvere nulla. Per quanto riguarda il coraggio, Wilders e la Santanchè non sono coraggiosi ma piuttosto arroganti, provocatori, vigliacchi: al limite, pazzi pericolosi (più per gli altri che per loro stessi). che dedicano la loro vita a soffiare sul fuoco Infine, gli ideali: per Geert Wilders e Daniela Santanchè gli ideali malcompresi di cui si fanno indegnamente portavoce non sono altro che accessori strumentali quotidianamente negati con parole, opere ed omissioni (basti pensare che la soluzione per difendere la libertà è la monocultura e il pensiero unico).

Geert Wilders e Daniela Santanchè funzionano come supereroi solo laddove assolvono alla funzione di catalizzare le pulsioni; per il resto, nulla di buono può venire da loro. Geert Wilders e Daniela Santanchè sono piuttosto maschere cattive: cialtroni socialmente pericolosi.

1 commento:

  1. concordo in pieno . e sottolineo la pericolosità di questi personaggi che si sacrificano per salvarci nostro malgrado, facendosi assegnare prestigiosi e super pagati posti in parlamento. finendo veramente per influenzare le nostre vite, nostro malgrado

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