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Noi non siamo brigatisti da social network (Il Nichilista)
La rete, semplicemente, fornisce per la prima volta nella storia una memoria collettiva pietrificata di ciò che pensiamo distrattamente. Una sorta di bar del paese grande quanto il Paese. Dove si legge di tutto, dai corteggiamenti alle elucubrazioni etiliche, dalle frasi nobili agli insulti. Se ciò fosse vero, significherebbe che Internet, molto prima che un’arma, è uno straordinario mezzo di trasparenza e di conoscenza, per chi osservi la realtà sociale. Perché ce la presenta tutta insieme, senza separare gretto e sublime, intelligenza e stupidità. E, come tale, dovrebbe essere concepito come uno strumento di riflessione, non di giudizio. Perché tutto questo smentisce l’idea che sia la rete a renderci cattivi, violenti, costringendoci a respirare le zaffate di quelli che chiamo i «brigatisti da social network»? Perché indica che quell’odio, se di vero odio si può parlare in tutti i casi, non è figlio della rete, ma di chi la utilizza. Che sia parte del Paese reale, non di quello virtuale. Un odio che, tuttavia, desta stupori emergenziali soltanto quando si guardi alla parte (la porzione del Web sotto i riflettori mediatici) e non al tutto (i milioni di italiani che amano, odiano, si esprimono, litigano).
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L'affronto del minareto (Salam(e)lik)
Tutti sanno che i musulmani non chiedono la costruzione di "nuove" moschee, ma semplicemente di spostarsi in spazi più dignitosi e capienti. Ed è evidente che non si temono le prediche (sicuramente monitorate dalle forze dell'ordine) quanto la visibilità dei musulmani nello spazio pubblico. Le moschee vanno bene e la "libertà di culto garantita" purché si preghi negli scantinati bui e maleodoranti. Quelli che si oppongono ai minareti hanno probabilmente qualche complesso freudiano. Non si spiega altrimenti questa particolare avversione ad una torretta, presa a modello tra l'altro dai campanili. Oppure, in maniera più subdola, i minareti sono percepiti come segni evidenti di un radicamento, di una scalata sociale. E gli immigrati vanno bene purché siano poveri in canna e disposti ai lavori più umilianti.
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Meglio anonimi (Leonardo)
Tutti parlano sempre male di Minzolini. Sembra che faccia un tg1 pessimo. Io non lo guardo spesso, ma ogni tanto mi è capitato e, devo dire, non è poi così malaccio. Nel suo genere, anzi, lo trovo molto professionale – una spanna sopra ad artisti come Giordano o Liguori e, perdonatemi la bestemmia – forse anche qualche centimetro sopra al mito indiscusso del settore, Emilio Fede. Davvero, un buon prodotto. Fosse per me aggiungerei qualche marcetta militare e accelererei alcune riprese, ma è il mio lato old-fashioned, lasciatemi perdere. Ci sono invece delle finezze che si lasciano apprezzare incondizionatamente. Per esempio, quando riportano una telefonata di Berlusconi: di solito in queste situazioni si mette in video una fotografia. Il problema è che le telefonate di Berlusconi a Minzolini durano parecchio, e una sola immagine stancherebbe; per ovviare a ciò Minzolini dispone di una lunga serie di ritratti del premier, e li monta in rotazione mentre Berlusconi parla. Ora, è quasi miracoloso il modo in cui la foto di Berlusconi sembra sempre combaciare con quello che sta dicendo in quel momento: se è arrabbiato, ecco una bella foto di Berl. accigliato; se c'è una battuta, eccolo che sorride a 32 carati. Ci vuole del talento per fare informazione così, e Minzolini quel talento ce l'ha.
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Le donne a caccia del lavoro (Chiara Saraceno @ La Repubblica)
Il fatto che la metà delle donne italiane risulta «inattiva» dovrebbe costituire un problema politico rilevante ed essere al centro dei dibattiti sullo stato non solo della nostra economia, ma della nostra società. Perché significa che la metà delle donne in età da lavoro non ha nessuna speranza di ottenere una autonomia economica ed invece deve dipendere dall'avere un marito e sperare che il matrimonio duri, senza poterne uscire se si rivelasse insopportabile. Significa che gran parte delle famiglie italiane, soprattutto, ma non solo, al Sud, ha un solo percettore di reddito, dalla stabilità ed adeguatezza del quale dipende la sopravvivenza di tutti. Al punto che quando questo marito si trova senza lavoro e senza ammortizzatori sociali e non sa dove sbattere la testa, quindi non riesce più fare fronte alle proprie responsabilità economiche, può anche decidere che non valga più la pena vivere. È successo all'operaio disoccupato di Castellammare, che non ha più retto la «vergogna» di non riuscire a mantenere moglie e figlie.
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Animalisti battono islamisti 13 a 1 (Kelebekler)
Lo scorso aprile, Europol – che non è l’UCOII, ma è il coordinamento di tutte le polizie europee – ha reso noti i dati ufficiali sugli atti di terrorismo in Europa nel 2009. Diamo ovviamente per buona la loroTE-SAT 2010, EU Terrorism Situation. A Trend Report, ci sono stati 294 attentati nell’Europa continentale, più 124 in Irlanda del Nord (compiuti tutti da gruppi repubblicani dissidenti). Ai primi posti, l’ETA in Spagna, il Fronte di Liberazione Nazionale Corso, 40 attentati compiuti da gruppi di estrema sinistra, quattro da estremisti di destra in Ungheria. Gruppi armati di animalisti hanno compiuto attentati in ben 11 paesi dell’Unione Europea, più la Norvegia e la Svizzera. Che fanno 13 paesi (il rapporto non precisa il numero di azioni). Molto dopo gli animalisti,vengono gli islamisti. Con 1 (un) attentato in tutto il continente. Che poi è quello compiuto dal disgraziato Mohammed Game. Un attentato. Dopo gli animalisti. definizione di terrorismo. Secondo il rapporto, intitolato
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