«La donna - come tutto quello che non possiamo ottenere sul campo - viene idealizzata e riveste le qualità magiche di forza e di potenza. La mitologia, i racconti e le credenze popolari, trattano spesso di una specie di gigante, di demone-donna, in cui l'uomo è rappresentato come un essere microscopico ed irrimediabilmente perduto. Si può ritrovare nella sovrastruttura psichica, sotto una forma o un'altra, un sentimento di timidezza in presenza delle donne, il timore di restar loro attaccati. Contro questa relazione psichica obbligatoria, che minaccia di subordinare un uomo ad una donna, [il misogino] dirige tutte le proprie tendenze difensive, rafforza la protesta maschile e le sue idee di potenza e grazie a queste stesse tendenze difensive disprezza la donna. Molto spesso appaiono nella sua fantasia e nella sua coscienza due tipi di donna: l'ideale e la realtà volgare, la madre e la prostituta».
«Leggendo attraverso le righe questo significa: "ho paura delle donne". Immediatamente in seguito a questo timore demoniaco della donna, della sua natura complessa e della sua eterna inesplicabilità, della sua forza che obbliga, troviamo nell'uomo un atteggiamento sia di disprezzo che di fuga».
E' incredibile come queste frasi, scritte dal padre della psicologia Alfred Adler nel lontano 1920, sembrino descrivere alla perfezione tanta di quella misoginia contemporanea riassunta in maniera emblematica nel controverso articolo di Massimo Fini sul Fatto Quotidiano di cui ho parlato qua.
Riguardo alla "superficie", tutto torna. Ci sono i poteri magici e demoniaci delle donne, che rendono l'uomo un essere irrimediabilmente perduto: la donna è inferiore, ma allo stesso minaccia diabolicamente e per sua natura l'autonomia dell'uomo. C'è l'idea di complessità e di inesplicabilità del pensiero femminile, che rende la donna in qualche modo ulteriormente pericolosa: una mina vagante che sfugge la razionalità ordinatrice che rende il mondo intelleggibile e strutturato. E c'è la divisione del cosmo in madri e prostitute, quella sorta di schizofrenia che porta i medesimi individui a insultare genericamente le donne ed allo stesso tempo a santificare le madri.
Cosa c'è, secondo Adler, alla base di tutto ciò? Secondo lo psicologo, tutto ciò è causato dai rigidi modelli sociali che impongono all'uomo - fin da piccolo - il ruolo di comando, di dominio, di organizzazione del mondo, descrivendo la donna come una minaccia e come una variabile impazzita. Modelli sociali che agiscono in maniera tirannica sull'uomo stesso, come scrisse anche Simone de Beauvoir, producendo enormi tensioni: lo stato d'ansia che - specie in una situazione di transizione e di mutamento nei modelli - genera disprezzo e fuga.
Come a dire che il patriarcato è oppressivo, in qualche misura, anche per l'uomo: impone modelli di comportamento rigidi, indipendenti dal contesto e della soggettività, "esigenti". La misoginia non è che un sintomo del disagio del maschio schiacciato dal conformismo che gli chiede sempre e solo, indipendentemente da ogni propensione ed esigenza di autodeterminazione, di essere accentuatamente "virile".
Che le conseguenze "serie", cioè le mille forme di oppressione materiale possibili, ricadano poi tutte sulle donne, credo sia lampante. Ma il disagio, in questa "guerra tra i sessi", può essere reciproco.
Chissà che ciò non possa fornire a qualcuno una ragione in più per superare speditamente il patriarcato.
grazie per aver condiviso questo tuo pensiero ... stavo leggendo proprio poco tempo fa qualcosa di Adler e mi hanno molto colpito i suoi discorsi ... certo che quella che tu apri è una discussione enorme, su cui si potrebbe parlare all'infinito
RispondiEliminaun saluto
anche io ti ringrazio, stavo cercando l'articolo di Fini e sono capitata qui. In poche righe hai ritratto una verità di secoli, perchè non mandi queste tue riflessioni ai direttori del fatto quotidiano? ancora non mi spiego come abbiano potuto pubblicare una simile accozzaglia di banalità offensive (e non solo per le donne!)
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