venerdì 26 marzo 2010

Vivere nel peccato e votare per la famiglia.

Metilparaben ha ragione, quando fa notare l'incoerenza del Pdl che da un lato si proclama paladina della famiglia tradizionale incassando l'investitura della Cei, e dall'altro è composta da persone la cui vita privata è costellata di divorzi, libertinaggio e figli fuori dal matrimonio (non mancherebbero nemmeno gli aborti). Di fatto, "oggettivamente", è così. Ma non funziona.

Qualche giorni fa ho scritto di come su 100 "famiglie" (gruppi di persone che coabitano in maniera stabile e condividono parte delle risorse) solo 55 siano composte da coppie di coniugi uniti dal matrimonio (laico o religioso). Le altre 45 sono single, divorziati, coppie di fatto, gente che vive a vario titolo "nel peccato" e altre forme non standard di coabitazione. Eppure, quando si tratta di andare a votare, di decidere quale deve essere il riferimento, quale è la forma astratta migliore da sostenere retoricamente e da promuovere materialmente, una buona parte di single, di divorziati, di conviventi, di libertini, sceglie di votare "per la famiglia tradizionale".


Cosa può portare tante persone a giudicare migliore o degno di tutela qualcosa che non appartiene alla propria esperienza di vita? E se davvero alla base c'è una convinzione diffusa nel primato della famiglia tradizionale, con quale poca serenità queste persone possono vivere la loro condizione di non corrispondenza all'ideale astratto della "famiglia Mulino Bianco"?

Di fronte allo smarrimento, ci rifugiamo nei "valori non negoziabili", in quei pochi mantra che ci hanno inculcato e che ci inculcano in continuazione, negando tra l'altro in maniera ipocrita la realtà delle cose. In Italia, c'è ancora oggi una forte sudditanza nei confronti della "cultura tradizionale": una sudditanza che non mette freno alle contraddizioni, ma che spazza tutto sotto il tappeto dell'apparenza, del principio, della facciata.

Il discorso è semplice: si fa quello che si vuole, ma si continua a dire (e sotto sotto a credere) che fare diversamente, farle "in maniera tradizionale", sia in senso astratto migliore.

Un'omertà che rende tutti contenti.

I "libertini", che trovano simpatico un presidente che fa del libertinaggio uno dei suoi principali registri di auto-celebrazione.

I single, le madri sole e le vedove, che trovano nelle parole della maggioranza quella difesa della famiglia del Mulino Bianco che non hanno, ma che in fondo desidererebbero (avessero trovato la "persona giusta"... ma forse la troveranno: c'è sempre tempo. perchè in fondo si sentono così soli/e... e sentir parlare di famiglia, oltre a essere "giusto", un pò scalda il cuore).

I divorziati, che trovano nei politici del Pdl "persone come loro", che non hanno fortuna ma che ciò nonostante sanno riconoscere quali sono i "veri valori" (altra variante di quella grande e diffusa frustrazione di cui sopra).

E, infine, i tradizionalisti, i cattolici, i clericali. Per i quali Berlusconi è un cattivo esempio, un uomo immorale; ma è anche e soprattutto colui che, con la sua retorica ipocrita, continua a tramandare il primato culturale e retorico dei valori tradizionali.

L'importante è la retorica: per quanto riguarda la realtà, si può sopportare qualsiasi cosa.

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