"Scene già viste, protagonisti non nuovi a simili bravate, la solita, annichilita impotenza degli astanti e, al di sopra di ogni cosa, il panico che si comunica in una progressione inarrestabile, il fuggi-fuggi generale di chi, un attimo prima, si godeva la torpida, piacevole sensazione del fine pranzo. La lite tra i bambini è il pretesto per la salvaguardia di un prestigio delinquenziale oramai perso definitivamente e che tentano, invano, di poter perpetuare. Gli indagati non sono che dei pallidi, incolori replicanti. Memori di un passato "illustre", ne ripropongono il modus operandi. Si muovono, come allora, in squadriglie nutrite, hanno armi e motociclette, provengono dal medesimo posto, si sentono camorristi e come tali si comportano. L'obiettivo, però, è diventato modesto, indotto dalle contingenze, avulso da qualsiasi strategia di ampio respiro".
"La paura che erompe come in un crescendo di gesti e rumori e che trova la sua massima, definitiva espressione nel volto della donna che urla nel fotogramma 41. Fa davvero impressione cogliere, nel viso di questa sconosciuta, atteggiato in una smorfia di dolore, l'identico, irredimibile sentimento di disperazione e di angoscia che rimanda all'arcinoto quadro di Munch. E' una "coscienza partenopea" la quale si ribella e soffre nelle medesime forme della "natura norvegese" di fronte al sangue innocente che sporca le ore di svago e precipita i cuori nell'usata, terribile quotidianità. E' l'universalità dei sentimenti più profondi: il senso della fine della vita, la solitudine, la caduta delle illusioni".
Braccia rubate alla letteratura (altro che Saviano).
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